SILVANO BERNARDESCHI, “Vento”

 

   Nasce a Volterra il 5 dicembre del 1920 da famiglia di modeste condizioni. Il padre, Dario, emigrato in Francia e rientrato prima della sua nascita, faceva il postino nella frazione di Villamagna.
Come la generalità dei giovani di quei tempi, Silvano riceve un’educazione fascistoide, patriottarda e cattolica. Aveva fatto anche il chierichetto ed era, per il prete, un buon candidato al sacerdozio.
Svolge il servizio militare e partecipa alla guerra per oltre quattro anni, a Mentone e dintorni. Durante questo periodo gli muore il padre.
Ed è proprio al fronte che comincia ad avvicinarsi alle idee antifasciste.
Dopo l’8 settembre rientra in Italia.

Avendo a carico la mamma e una sorella minore, viene esonerato dall’arruolamento nelle truppe repubblichine e, in accordo con la direzione locale del CNL, con cui aveva da subito stabilito i contatti, aderisce al Partito fascista, il che gli permette di muoversi liberamente nel territorio e fare un lavoro clandestino (aiuti agli antifascisti e ai partigiani, trasmissione di materiale di propaganda, di ordini e di notizie).

In alcuni casi, insieme a Meini detto Viuccia, agisce da staffetta, aggirando posti di blocco, e portando armi da Pisa fino a Volterra per consegnarle a “Gambe di cioccolata”, il farmacista antifascista Amidei,  così soprannominato per la sua andatura claudicante.

In un’occasione, a causa di un guasto al pullman di linea tra Pisa e Volterra, deve portare per le vie di Volterra, in orario di coprifuoco, delle valigie cariche di armi. Fermato da una pattuglia, con notevole freddezza riesce a convincere i gendarmi che la valigia contiene effetti personali, evitando fortunosamente conseguenze personali che sarebbero state gravissime. In un’ altra occasione, la polizia, al fine di individuare dei contrabbandieri di zucchero, perquisisce i viaggiatori del pullman. Fortunatamente lo zucchero viene individuato prima che la perquisizione raggiunga le nostre staffette.

Silvano, al centro, da militare

Intanto la sua fidanzata, Lina Gronchi, di 5 anni più giovane di lui e quindi neppure ventenne, viene  arrestata e imprigionata al Don Bosco di Pisa per un avvenimento di protesta di piazza e lui, dichiaratosi suo cugino, ha un pretesto in più per fare il pendolare tra Pisa e Volterra.
Ma forse proprio a causa dell’arresto della fidanzata i sospetti su di lui cominciano a prendere consistenza.

Così Luigi Fanucci, del CLN di Volterra gli fornisce le istruzioni per unirsi, nella campagna volterrana, a un accompagnatore che lo conduce al comando dei Partigiani nelle Carline. Lì opera nella seconda Compagnia, seconda Squadra, della XXIII Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia” con il nome di battaglia di Vento, partecipando a diverse spedizioni in aperta campagna o in paesi limitrofi, tra cui un paio di sabotaggi di mezzi militari tedeschi in transito e il disarmo di una stazione dei carabinieri.

Con la Liberazione si iscrive al Partito Comunista e per molti anni offre il suo contributo alla costruzione e al radicamento dell’organizzazione comunista, soprattutto nelle campagne del volterrano.

Successivamente è dirigente delle strutture sindacali della CGIL all’interno del “Manicomio” di Volterra.
È stato Presidente dell’ANPI di  Volterra dal 2002 alla sua morte (23 settembre 2012) e durante la sua presidenza l’Associazione  si è aperta al contributo di tanti nuovi antifascisti, facendo fare un balzo di qualità alla sua attività.
Con lo scioglimento del PCI aderisce al Partito della Rifondazione Comunista.
Le sue ceneri riposano nel bosco delle Carline, in prossimità del Comando dei Partigiani, in compagnia di quelle di Pedro Fornaciari, altro partigiano combattente della “Boscaglia”.

 

[ Scheda a cura di Ascanio Bernardeschi, figlio di Vento, che ringraziamo anche per le fotografie ].