Roberto Galli, “Franco”

Roberto Galli, ‘Franco’.

Nato a Monticiano il 29/07/1921, scomparso il 5 ottobre del 2009, capo raggruppamento del Distaccamento ‘ Fil di ferro ‘. Successivamente la sua Squadra passa dalla Brigata Spartaco Lavagnini alla XXIII Brigata ‘Boscaglia‘. Alla sua intraprendenza ed alla sua inventiva si devono molte azioni condotte con successo come, ad esempio, la cattura di due autobus trasportanti reclute repubblichine che decisero successivamente di unirsi ai partigiani, l’ imboscata tesa ad una colonna tedesca che costò ai nazisti ben 35 perdite e l’ assalto al carcere di S.Gimignano con la liberazione di circa 100 prigionieri politici.

Roberto Galli è stato un minatore, emigrato in Belgio per la difficoltà per i ‘sovversivi’ di procurarsi un lavoro nel dopoguerra. Molti di coloro che, con sacrificio, hanno permesso di scrivere la nostra Costituzione furono ripagati con questa moneta

Testimonianza autobiobiografica tratta da ‘ La tavola del pane, storia della XXIII Brigata Garibaldi GUIDO BOSCAGLIA ‘ di Pier Giuseppe Martufi – ANPI SIENA’:

Il Distaccamento di ‘Franco’ si è formato a seguito della scissione della “S. Lavagnini” avvenuta dopo i drammatici avvenimenti del Bogatto.
Verso il 10 di aprile, ritornando su Chiusdino, trovai una decina di ragazzi sbandati: con questa squadra feci diverse azioni, tra le quali il disarmo della DICAT di Chiusdino e il disarmo della caserma dei carabinieri di Chiusdino ( ma in accordo con il maresciallo).
Soltanto successivamente entrai in contatto con la ‘ Boscaglia ‘. Avevo rifiutato nel frattempo l’offerta, che mi era stata fatta a Chiusdino dal capitano Lenzi e dai sottotenenti Talluri e Scaloncini, di assumere il comando di una formazione della ‘ Monte Amiata ‘, formazione che in realtà in quel momento non esisteva ancora.  Il mio Distaccamento era poi salito ad una quarantina di uomini, dei quali la maggior parte erano reclute che il Distretto di Siena aveva inviato a Grosseto e che, intercettate su di un autobus a Chiusdino, erano tutti entrati ben volentieri, con armi e bagagli, nel Distaccamento.  Poco dopo il comando della ‘Boscaglia’ ci propose, in un incontro che avvenne a Casa al Saio, vicino a Montalcinello, di entrare  a far parte della Brigata.
Accettammo.
Fu stabilito, però, che il Distaccamento sarebbe rimasto raggruppato come era già, pur subordinandosi al comando militare della XXIII che avrebbe provveduto ai nostri rifornimenti ( escludendo cioè che noi potessimo fare autonomamente delle requisizioni ). Eravamo inoltre esentati dall’ avere un commissario politico.
E così verso la fine di aprile ci trasferimmo a Belcaro, con tutte le nostre armi ( allora soltanto italiane e tedesche ), rimanendo comunque separati dal Comando della Brigata: ci accampammo infatti oltre il podere Belcaro, in alcune tende fatte con teli di paracadute.

Il nostro Distaccamento ( impropriamente indicato nella Relazione ufficiale della Brigata come VIII Squadra della II Compagnia ) condusse la prima azione nell’ ambito della ‘ Boscaglia ‘ in collaborazione con il Distaccamento della ‘ Lavagnini ‘ comandato da Marcello (Aldo Pieri). Occupammo, senza incontrare resistenza, Montieri e Chiusdino, oltre a Ciciano, Frassini e ad altre località, spostandoci con automezzi requisiti a Montieri.
In questi paesi sostituimmo le autorità fasciste con elementi del CLN. Ciò accadde certamente prima del 12 giugno, cioè verso i primi del mese. Ad Alfeo Biagi dissi io, nei pressi di Montieri, di tornare in paese e di ingiungere ai militi fascisti di andarsene prima del nostro arrivo.
Successivamente una squadra andò, insieme con i partigiani di Poggio del Comune – ma comunque senza incontrare resistenza -, a liberare i detenuti politici di S.Gimignano, molti dei quali furono poi accompagnati in Carlina.

Frattanto i tedeschi avevano messo loro distaccamenti in varie località vicine: Pian dei Mucini, Castelnuovo di Val di Cecina, ecc. A Belcaro mi si chiese di far saltare il ponte di Ritorto (tra Massa Marittima e Castelnuovo V. di C.), autorizzandomi inoltre non proprio ad attaccare i tedeschi (come io avevo proposto) ma, eventualmente, a difendermi.

Venne con noi una squadra di volterrani (con ‘ Alioscia ‘ ): eravamo circa una trentina, ma forse più, con 12 Bren e una mitragliatrice pesante, armi comunque sufficienti a sostenere uno scontro e non semplicemente a proteggere il rapido minamento di un ponte.
Partendo da Belcaro ci si accampò a Gerfalco. Di qui una squadra si recò verso Prata tornando con sei mongoli, catturati armati di fucile ’91 e avviati poi a Belcaro; un’altra squadra si recò a cercare esplosivo nella Miniera della Stima. Tutti insieme poi andammo, con l’esplosivo su tre barroccini, dalla Stima verso il ponte di Ritorto: a quel punto, coi barroccini sulla strada, non avremmo più potuto evitare uno scontro, se fossero arrivati i tedeschi.
Il che, appunto, accadde nei pressi del ponte: sopraggiunsero, infatti, tre camions pieni di tedeschi, una macchina con quattro ufficiali e – mi sembra – un motociclista. Come accertammo dopo lo scontro, i tedeschi non ebbero superstiti (nè le due donne catturate successivamente erano con loro).
Noi avemmo due morti ( e non uno solo, come molti credettero): infatti, oltre al mitragliere Gino Tamburini morì anche un albanese il cui nome è rimasto sconosciuto: era il conducente del mulo e cercava, con il Tamburini, di scaricarne la mitragliatrice. Gino Fardellini ‘ Corvo ‘ rimase ferito alle gambe.

Tornati a Belcaro, mi fu ordinato di andare a Sasso Pisano a compiere la stessa operazione di Montieri: cacciare i fascisti e insediare gli uomini del CLN. Partì l’intero Distaccamento; si aggiunse a noi soltanto il tenente Seri ( allora ‘ Francois ‘ non faceva più parte della Brigata). Nei pressi del paese (alla Madonna del Sasso) fummo attaccati di sorpresa dai tedeschi: pur essendo in una posizione sfavorevole, reagimmo con bombe a mano e con un Bren – manovrato da un montenegrino, ‘ Belgrado ‘, un bravo mitragliere – costringendo i tedeschi a ritirarsi. Li vedemmo caricare i feriti su un camion e andarsene, lasciando sulla strada un morto, un ufficiale dei paracadutisti. Lo scontro fu brevissimo.
Andammo subito dopo al Sasso Pisano a compiere la nostra missione. Qui ci imbattemmo poi in una colonna di carrette: erano una ottantina di russi (armati) che si arresero e che avviammo a Belcaro.

In seguito il Distaccamento al completo lasciò Belcaro senza farvi più ritorno: era finalmente arrivato l’ordine di attaccare i tedeschi e il Distaccamento l’avrebbe dovuto fare di là della Merse, tra Prata e Boccheggiano. Qui i minatori di Boccheggiano avevano attaccato con successo una colonna di camions tedeschi nel tratto tra Gabellino e il Ponte di Montieri. Arrivando avevamo assistito da lontano alle ultime fasi di questo scontro ( e non partecipato, come qualcuno ha detto); passando oltre attaccammo camions tedeschi sulla strada che va verso Roccatederighi, incendiandone uno.
Fummo però costretti dai colpi dell’ artiglieria alleata (sembravano proprio indirizzati contro di noi) ad allontanarci. Tornando verso il ponte di Montieri attaccammo, con la squadra di ‘ Garone ‘, un reparto tedesco che stava per minare il ponte: i tedeschi ebbero delle perdite e scapparono.
Anche noi, d’altra parte, avremmo voluto far saltare, per opposte ragioni, quel ponte, ma il sopraggiungere di un carro armato tedesco, che si piazzò lì accanto, ci costrinse a nascondere le nostre cariche e a ritirarci. E così il ponte di Montieri rimase intatto.
Ripiegammo verso Montieri e poi andammo a Travale, dove dormimmo.

Qui, il giorno dopo e la notte seguente, avemmo quasi casualmente tre successivi scontri con i tedeschi che sempre si ritirarono sotto il fuoco incrociato dei nostri Bren, facendoci così immaginare un loro imminente abbandono della zona. In realtà il fronte doveva ancora passare; e naturalmente quando arrivò il grosso dei carri armati tedeschi prima e alleati poi, noi ci eravamo già dovuti ritirare al di là della Cecina. Va aggiunto che gli scontri di Travale furono causa di un temporaneo dissidio con il Comando della Brigata, secondo il quale il nostro Distaccamento avrebbe dovuto attaccare i tedeschi solo al di là della Merse.

Dopo il passaggio del fronte, gli americani utilizzarono una squadra del Distaccamento per fare una ricognizione. Successivamente, prima ancora di andare a Gerfalco, il Distaccamento si sciolse. Io e pochi altri andammo a Gerfalco, al comando della Brigata che, attraverso varie vicende, sopravvisse fin verso la metà del luglio ’44.
Fui io, infatti, che in assenza di Bargagna, Stoppa e ‘ Gino ‘ (fermati e trattenuti per alcuni giorni dagli americani), dovetti assumere, per designazione dei compagni presenti, il comando provvisiorio della Brigata e che, nella nuova situazione (difficoltà o impossibilità di avere ulteriori rifornimenti, desiderio di molti di ornarsene a casa), dovetti provvedere allo scioglimento della Brigata.

Lo scontro di Ritorto e gli altri scontri da me ricordati sono entrati a far parte del romanzo ” Fausto ed Anna ” di Carlo Cassola, evidentemente a lui raccontati da qualche appartenente al mio Distacccamento. Diversi particolari infatti sono descritti con molta precisione, anche se con qualche trascurabile scambio di persona o di località ( ad esempio il tedesco del cui portafoglio si descrive il contenuto fu ucciso a Sasso Pisano e non a Travale ).

Con questa constatazione non intendo, naturalmente, entrare nel merito delle impressioni di Cassola o delle varie considerazioni che fa in quelle pagine o tentare di ricollegarle alla realtà di quegli episodi. Su di essi, infatti, il Cassola ha costruito un romanzo e non una storia.

Siena, 15/12/1979
Galli Roberto

 

Ha collaborato alla scheda Adelfo Galgani di Montalcinello, amico di ‘Franco’, fornendoci gentilmente le fotografie. Sintesi di Aldo Montalti.