Ivo Boscaglia

  Nato a Follonica il 13 novembre 1920 da una famiglia giunta nella zona verso la metà dell’Ottocento [il padre si chiama Giulio e la madre Sabatina Vanni] , a quindici anni fa il manovale nella “cava di loppi” dei Poggetti Butelli, coltivata dalla Ditta dell’elbano Mario Rebua e dell’ingegnere piombinese Domenico Collavoli. Qui, con l’ausilio di picconi, pale, forconi e maniscuri, gli operai demoliscono i cumuli di scorie romane, scendendo, durante l’imponente scavo, di qualche metro sotto il livello della strada, mentre la mano d’opera femminile, particolarmente numerosa, porta a spalla le coffette di vimini, piene di pesanti loppe brunite, fino agli impianti di arricchimento del prodotto. Il lavoro è molto pericoloso. Il crollo di una parete a sgrotto, infatti, travolge e uccide Giovanni Zanaboni e la giovanissima Maria Ciucci, mentre un’altra operaia, che si chiama Elisa Lussu, rimane ferita dalle scorie.

Quando l’Italia dichiara guerra alla Francia, Ivo è chiamato alle armi, incorporato nella Divisione Acqui e mandato in Albania, ridotta da qualche anno a colonia italiana. Da qui il fascismo – con la complicità del re Vittorio Emanuele III di Savoia, che si fregia del titolo di sovrano della patria dell’irriducibile Giorgio Castriota Scanderbeg, e nella convinzione di fare una passeggiata – muove alla conquista della Grecia, ma i discendenti di Leonida danno prova di grandissimo coraggio, respingendo gli aggressori: i Greci – racconta Ivo – dettero “ una decimata agli italiani e se non venivano i tedeschi in aiuto noi ci s’era sempre ”. Ammalatosi di malaria, Ivo viene rimpatriato e dopo la guarigione è dislocato all’isola d’Elba. Fatto prigioniero dai paracadutisti tedeschi dopo l’8 settembre 1943, è rinchiuso prima nella caserma “Vittorio Veneto” e poi in un campo di concentramento elbano, in attesa di essere deportato in Germania, ma nella struttura, in cui è imprigionato, il nostro organizza e prepara all’evasione: “ Qui bisogna scappare, si prese le coperte, si cominciarono ad aggiuntare – ricorda – e una notte io fui uno di quelli, una trentina in tutto, che si scappò di lì… Io so’ stato fatto prigioniero… il 23 o 24 settembre del ’43, sono stato alla macchia nell’isola fino al 6 febbraio del ’44: la notte s’andava a tirare la sciabica ai pescatori, ci davano un po’ di pesce e con quello si viveva…”.
In febbraio Ivo riesce a procurarsi una barchetta e insieme a Rolla di Livorno, a Giuffra di Genova e a un certo Giairve lascia l’Elba: “ Alle 11 e mezzo andava via la luna, allora ci diedero una tirata con la barca a motore fino in canale, con lo scirocchetto si andò a finire dietro Baratti, dove si arrivò la mattina. Cominciava l’alba…, noi si scese, s’avevano tutte le armi…” A Baratti Ivo e i suoi compagni su consiglio di un contadino si sbarazzano di fucili e pistole e si separano. Boscaglia prosegue a piedi – prima per i sentieri boschivi del promontorio piombinese, poi lungo la spiaggia – fino a Follonica.

La sua mamma è sfollata a Rondelli presso la famiglia dei Raspanti. Lui va a salutarla, poi raggiunge Valli e si inoltra nelle fitte macchie di Val Lombarda, del Pescinone, della Petraiola e della Petraia: “ C’erano i partigiani lì…, il capo era Borghesan, Bruno Borghesan, un livornese, genero del povero Paolo Salvestrini… Il mangiare ce lo portava Ivo Paini…, da ultimo s’aveva con noi una ventina di tedeschi, s’aveva una trentina di polacchi, di russi ”. Della banda partigiana fanno parte, oltre a Ivo e a Borghesan, Enzo Casadio, Cesare Meini, Paolino Maccianti, Ezio Turchi, Ivo Tafi, Domenico Maccianti…, ci sono anche alcuni mongoli, che hanno disertato dall’armata hitleriana. Rimasto alla macchia fino alla liberazione di Follonica (23 giugno 1944) – avvenuta con il concorso sia dei partigiani delkla zona che di forze americane – Ivo partecipa in seguito alla ricostruzione del paese, poi fa il vigile urbano. Sposatosi, diventa padre di una figlia.

Militante PCI e poi tra i fondatori del Circolo Guevara di Rifondazione Comunista a Follonica, Ivo è rimasto convintamente comunista e fiero del suo passato di partigiano fino al giorno della sua morte, il 5 ottobre 2012.

(Scheda di Fausto Bucci e Aldo Montalti)

Note:

1 – Il sindaco di Follonica, Gio Batta Santini, rispose il 25 settembre 1944 alla Direzione delle poste di Grosseto: “In relazione alla vostra richiesta 18 settembre N°14529 informo che la prima azione di bombardamento e di mitragliamento è avvenuta in questo comune l’8 gennaio 1944. L’ultima avvenne il 23 giugno 1944 giorno in cui la città fu occupata dagli americani”.