BRUNO PETRICCIONI

Bruno Petricccioni nasce il 9 luglio 1895 a Verona. Laureato in Giurisprudenza, partecipa alla Grande Guerra dove riporta gravi ferite meritandosi il grado di maggiore. Poi la famiglia si trasferìsce a Firenze  in via Metastasio dove il Petriccioni svolge l’attività di avvocato. A seguito delle leggi razziali si prodiga per aiutare gli ebrei perseguitati, riuscendo a farne fuggire molti in Svizzera, tant’è che in modo affettuoso si merita l’appellativo di  “ avvocato degli ebrei ”.

 
Nel 1943 sfolla con la famiglia in Maremma prendendo dimora presso Villa Adua lungo l’Aurelia vicino a Gavorrano.
In Maremma si adopera subito per organizzare la resistenza tenendo i collegamenti tra il comando del Raggruppamento Bande di Siena e le formazioni partigiane che si andavano formando nella zona.
 Si legge  nei rapporti ufficiali, tra l’altro, che il Maggiore Petriccioni si distinse in questo ruolo per ardimento, abilità, tenacia e fede, pagando sempre di persona e che […] seppe far nascere quasi dal nulla i primi nuclei partigiani.

 
Grazie alla fiducia goduta dai superiori ed al suo ardimento gli fu affidata una missione pericolosissima. Nottetempo si imbarca Cala Martina verso la Corsica per raggiungere le truppe anglo americane e collaborare ad un eventuale sbarco alleato nel golfo di Follonica. Cosa successe in quel tragitto poco sappiamo. Qualcuno sostiene che fu prima fermato dalla Polizia francese e forse costretto a  raggiungere Tripoli.
Poi la  lettera scritta il 28 luglio del ‘44 da La Spezia che giunge alla sorella  residente a Roma.
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Spezia 28/07/44

” Cara Cina, (soprannome con il quale Bruno chiamava  la sorella Erodiade)
sono prigioniero dei tedeschi da tre giorni. Non so quale sarà la mia fine. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per la nostra cara Italia che è diventata un mare di sangue, di dolori, di miseria e di rovine.. Non ho paura di morire, ma piango la mia cara Margherita (moglie) e  i miei tre bimbi che per me sono   tutta la vita e per loro non ho mai visto altro che sacrificio e lavoro. Penso con terrore a lasciarli soli al mondo senza una guida in questi tempi tanto difficili. La mia cara Mirka, la mia cara Nadia e il mio caro Gaddo sono davanti ai miei occhi.
Li affido alle tue cure perché Margherita dopo la perdita del caro Valfredo ha perduto ogni forza ed ogni volontà. Mi raccomando tanto  Gaddo e Nadia la cui salute è debole. Le raccomandazioni da farti sono molte…[…]  Mi affido al tuo affetto, a Gaddo ogni sei mesi fategli fare i raggi e tenetelo molto all’aria aperta. Baciami tanto  mamma e babbo che poveretti nella loro vecchiaia vedono morire rapidamente la loro famiglia; già due morti in un anno e con me sarebbero tre. Non ho il conforto di avere con me nessuna fotografia poiché mi hanno pescato in acqua in mare e quindi ho perduto tutto. Salutatemi  tutti i miei amici di Roma … “

Tradotto da La Spezia a S. Vittore viene  fucilato il 6 ottobre 44 con l’accusa di essere un capo partigiano e il corpo lasciato nella strada vicino a  Moirago, nel cui cimitero viene  sepolto.
Finita la guerra la salma sarà  traslata a Roma nella cappella di famiglia ed infine trasferita  nel Cimitero di Follonica dove attualmente risiede la figlia Mirka.
( Scheda di Nedo Bianchi )