Sante Danesin

SANTE DANESIN.

 

Iscritto al P.C.I. nella sua terra di origine, il Veneto dove era nato il 16 gennaio 1901, nel 1921, subito dopo il congresso di Livorno, si impegna nella lotta politica sostenendo le tesi di Gramsci che ebbe occasione di conoscere personalmente.
Affronta con coraggio le squadracce fasciste e, per questa sua attività, è costretto ad emigrare in Francia dal 1925, come esule antifascista. Rientrato successivamente in Italia, si trasferisce a Rosignano perché assunto, come falegname, nella fabbrica Solvay.
Stabiliti i contatti con i compagni del posto,  diviene uno dei più attivi dirigenti del movimento antifascista clandestino. Nel 1930 è licenziato dalla Solvay e riprende la sua attività di artigiano falegname e la sua bottega diventa centro di aggregazione, propaganda, organizzazione mantenendo salda la fede negli ideali socialisti tra i vecchi militanti, facendo ampio proselitismo tra i giovani di allora.
Al momento della caduta del fascismo, l’organizzazione comunista cresciuta nella clandestinità dà prova della sua forza alla testa delle prime manifestazioni e impegnandosi nella Resistenza al nazifascismo.
Sante Danesin è subito tra gli organizzatori dei G.A.P. e quindi comandante delle prime formazioni partigiane. L’azione del gennaio 1944 contro il famigerato maresciallo Nannipieri e poi le battaglie della formazione “Sante” della IIIª Brigata Garibaldi sono pagine fondamentali della guerra partigiana nella zona del rosignanese.
Dopo la Liberazione, Sante Danesin è eletto segretario della ricostruita sezione  del P.C.I. di Rosignano Solvay, incarico che lascia dopo poco perché, nominato assessore nella prima Giunta comunale proposta dal C.L.N., si impegna nell’opera di ricostruzione del territorio pesantemente colpito dagli eventi bellici.
Riconfermato consigliere comunale per il P.C.I. nelle elezioni amministrative del 1946 e del 1951, mantiene anche l0incarico di assessore.
Nel frattempo ritorna a lavorare allo stabilimento Solvay e si mantiene sempre alla testa delle lotte operaie finché, nel luglio 1951, viene arrestato insieme a Giaconi, Pannocchia ed altri 12 ex partigiani colpevoli … di aver lottato per difendere la libertà e scacciare i nazifascisti dal suolo italiano.
Sono gli anni della c.d. guerra fredda e del tentativo di criminalizzare la Resistenza, operazione mai terminata ed in corso ancora oggi: Danesin e compagni sono rinchiusi nel carcere di Pisa per oltre un anno e mezzo fino a che, nel gennaio 1953, la Corte di Assise pisana li proscioglie con la formula più ampia.
Al loro ritorno a Rosignano, la folla accorsa ad acclamarli viene caricata dalla Celere di Scelba con manganellate e caroselli di camionette.
Per Sante, la Solvay ha in serbo il secondo licenziamento politico il cui impegno sociale si moltiplica e lo vede presente in ogni lotta per la difesa dei diritti dei lavoratori.
Al momento dello scioglimento del P.C.I., Sante Danesin ribadisce i suoi ideali comunisti aderendo alla nascita di Rifondazione Comunista: ormai novantenne è presente il 27 febbraio 1991 all’assemblea costitutiva del circolo rosignanese.
Sante scompare il 14 settembre 1996.

 

 [Scheda tratta da un’elaborazione di Enzo Fiorentini]

Appendice:
Testimionianza di Sante Danesin sull’ 8 settembre 1943 a Rosignano.

Da tempo noi comunisti eravamo organizzati e attivi nella fabbrica Solvay
e sul territorio di Rosignano. Dal 1941 si era intensificata la nostra iniziativa e, agli inizi del 1943, ci eravamo assicurati la simpatia e la solidarietà, oltre che dei lavoratori, di strati sempre più vasti dell’opinione pubblica  e, in particolare, avevamo stabilito contatti con altri gruppi di antifascisti(socialisti, azionisti, cattolici, repubblicani).
Dopo la caduta del fascismo il 25 luglio, il compagno Vasco Giaconi mi presento alcuni ufficiali del 7° reggimento artiglieria- addetto alla scorta convogli- di stanza, in quel periodo, a Rosignano con i quali aveva stabilito un rapporto di fiducia (essendo egli, fornaio, il fornitore di pane del reggimento) e che gli avevano manifestato sentimenti antifascisti e antinazisti.

Con questi ufficiali ci riunimmo diverse volte discutendo della nuova situazione politica determinata dalla fine della dittatura fascista; ma  anche dalla realtà del Paese, dilaniato dalla fame e dai bombardamenti e dalla situazione militare con gli alleati che, dopo aver conquistato la Sicilia, avanzavano nell’Italia meridionale. Prevedevamo una rapida resa italiana ma concordavamo sul fatto che i tedeschi non si sarebbero arresi e che avrebbero reagito cosi che, insieme, progettammo di organizzare una forza di resistenza contro di loro, formata dai militari di stanza a Rosignano e dai civili organizzati unitariamente da noi e dagli altri gruppi antifascisti, pensando che questo si potesse realizzare in tutto il Paese.
Quando l’8 settembre Badoglio annunciò l’armistizio,  eravamo convinti della possibilità di  realizzare il progetto concordato nellle lunghe discussioni preparatorie. Cosi io, con i compagni Vasco Giaconi e Palmizio Montagnani, insieme al capitano De Lieto, un conte napoletano, e al tenente Galluzzi, umbro, ci recammo dal Comandante del reggimento, un colonnello, del quale non ricordo il nome, per chiedere la sua adesione.

Il colonnello ci ascoltò con attenzione dicendoci che era stato messo al corrente del progetto da parte dei suoi ufficiali; ma concluse di non poterlo più condividere perché non riteneva realizzabile sul nostro territorio, data la disparità di forze; mentre invece riteneva che questo sarebbe stato possibile in altre regioni, ad esempio in Piemonte o in Liguria.
In realtà comprendemmo che agiva cosi per ordini ricevuti dall’alto, da parte di chi non voleva la resistenza contro i tedeschi e temeva l’unità tra operai e soldati. Dopo il nostro colloquio il colonnello radunò i soldati ordinando loro, prima di renderli liberi, di distruggere le armi o di renderle inoffensive. Molti soldati spezzarono i fucili ma non tutti lo fecero cosi che, nei giorni successivi, provvedemmo a recuperare le armi efficienti che poi armarono le nostre formazioni partigiane. In questo modo nacque, anche nel nostro Comune e nelle nostre zone vicine, la Resistenza.