Arturo Bernardeschi, “Mondiale”

Il Mondiale
di Fausto Bucci

Arturo Bernardeschi era soprannominato il “Mondiale” perché aveva vinto per distacco qualche gara ciclistica fra il 1923 e il 1926 (1).  Nato a Follonica il sei aprile 1908, quando l’ho conosciuto faceva il cementista in Via Foscolo, a pochi metri dalle abitazioni di Antonio e Caterina Pii, di Elvia e di Vico Franci, dei parenti di Savino Allegri, l’organizzatore – insieme a Baldassarre Agnelli – del carnevale follonichese del 1925, e di Agostino Innocenti, detto “Gosto”.

Il suo mestiere Arturo l’aveva imparato dai fratelli Nicoletti, dai quali si era staccato per aprire, in Via Foscolo, un cantiere, formato da ampie tettoie, da una distesa di graniglia, ghiaia, sabbia e cemento e da una casetta a un piano, dove abitava con la moglie, Luisa Vanni, e i tre figli.
Per tutta la settimana, nel cantiere, ferveva un’alacre attività e il “Mondiale” – aiutato dal figlio maggiore, Vittorio, e, nel ’53-’54, da Luca Banti, buon pugile dilettante, che si batté onorevolmente contro Piero Del Papa, futuro campione europeo dei mediomassimi – sfornava, a getto continuo, gradini, tubi, tombini, colonnini e acquai, che sgusciavano fuori dagli stampi di legno e di ferro.
La sabbia del cantiere era una tentazione irresistibile per noi ragazzetti e ragazzette del tempo – Piero, Bruno, Ezio, Albacarla, Pippo, Liliana, Renatina, Yvonne, Alfio, Iacopo, Furio –, che ne approfittavamo per costruire larghe e tortuose piste, dove gareggiavamo con le palline e i borri. Lui, in genere, ci sopportava, ma qualche volta, quando esageravamo nel mescolare la rena alla terra, si spazientiva e minacciava di cacciarci con la sistola.

Oltre al lavoro, Arturo coltivava con passione vari interessi. Amante della lettura, sapeva a memoria parecchi canti dell’Iliade e dell’Odissea e le sere d’estate, quando, tutti insieme, prendevamo il fresco per strada, recitava i versi , che Omero aveva dedicato alle gesta del Pelide, di Ettore e di Ulisse e ai dolori di Priamo e di Ecuba. Il “Mondiale” conosceva bene le avventure di Orlando, di Sigfrido e di altri protagonisti della mitologia franca o germanica e ci parlava di nani, di draghi, di donne addormentate e di tesori nascosti. E noi lo ascoltavamo attenti, mentre lui, forse, sognava di essere sul greto dello Scamandro o lungo il Reno, vicino a Fafner o a Crimilde.
Ogni anno, la mattina del primo maggio, via Foscolo era teatro di un rito piuttosto singolare: puntualmente, per la festa del lavoro – risorta dopo il tempo molesto del fascismo – , comparivano nella strada “sette, otto, dieci o dodici uomini maturi”, fra cui c’erano Federico Barontini (2)  e Osvaldo Modesti (3). Quegli uomini “misteriosi” traversavano il cantiere, badando a non impolverarsi, entravano nella casetta del “Mondiale” e dopo un po’ – ripete mia sorella Liliana – ne uscivano “tutti infiocchettati”, insieme ad Arturo, per recarsi al Casone e a Valpiana, alla Botteghina e a Riotorto, a Roccastrada e a Montemassi, a cantare il maggio.

“Si mettevano – dice il figlio Alfio – tutte queste divise particolari, tutte colorate, per anda’ a fa’ scena e cantare, portavano i bastoni con le coccarde…” A volte – rammentava Luisa –“andavano a canta’ per le case: il mi’ marito lo chiamavano, aveva la voce bella, lo chiamavano anche per canta’ alle comunioni, alle cresime, agli sposalizi, ai battesimi…” (4).
E Alfio aggiunge: “Mi ricordo che lui andava a cantare il maggio, cantava la Befana e il maggio, praticamente facevano il gruppo del poeta, lui faceva il poeta, poi c’erano i maggerini e andavano per queste campagne a cantare questo maggio, perché usava in precedenza cantare anche la Befana” (5).
Una volta, “s’era nel giugno del ‘40”, venne a Follonica il cantante livornese Masini per esibirsi al Teatro Tirreno. Un certo Gigino – ricordava Luisa – “gli disse al mi’ marito: “O Mondiale, vieni stasera laggiù, c’è Masini e si sente come canti”. Qualche ora dopo, dal palcoscenico, il Masini si rivolse al “Mondiale”  con queste precise parole: “Su, ora si guarda come canti te”, e, dopo averlo ascoltato, esclamò:. “Madonnina, canti meglio di me, però qui manca la musica istruita, senza la musica non si può anda’ nei teatri dove si deve andare”. La mattina seguente il cantante livornese propose ad Arturo: “Devi veni’ quassù a Livorno, io ti istruisco con la musica e poi vieni cantante, guadagni soldi a cantare, ci hai una voce bella”. Purtroppo il giorno successivo il “Mondiale” ricevette la cartolina militare e la guerra troncò la sua carriera, prima ancora che fosse iniziata (6).

La voglia e il piacere di stare in mezzo alla gente e di inventare versi fecero di Arturo, nel dopoguerra, una presenza fissa e importante a Scarlino Scalo, dov’era “ospite” di un intraprendente personaggio, tuttora vivo alla bella età di 96 anni: parliamo di Ottavio Lenzerini (7), che, nel suo emporio di Santa Rosa, fu, per tanto tempo, lo sponsor e l’organizzatore di memorabili pomeriggi di poesia, ai quali accorrevano quasi tutti i bernescanti dell’ Alta Maremma (8) : talenti un po’ speciali, come il nostro “Mondiale” e il Barontini, Berto Benini e il Neri, Nello Benedetti e Quinto Rapezzi, Arhus Pimpinelli (9) e Osvaldo Modesti.
“S’incontravano fra loro i poeti – ci dice il sor Ottavio – e poi c’erano i passionisti di poesia, venti, trenta, anche quaranta a ascoltà a bocca aperta. Venivano lì in bottega. Trovavo spazio per tutti. Più di tutto chiedevano del vino, poi quando s’arrivava da ultimo toccava paga’  sempre a me e a’ poeti. Tutti bevevano, poi quello chiappava e andava via e un pagava nessuno”. Ed è sempre lui a ricordare, Ottavio: “Poi c’era Quinto Rapezzi dei Forni di Gavorrano, e poi c’era un certo Barontini, che quello era un poeta di spolvero. […] Poi c’era quell’altro di Follonica, il Mondiale”.
Domanda: Ah, veniva alle fiere?
Ottavio: Sì, alle fiere, veniva, sì.
Domanda: Che vuol di’ poeta di spolvero?
Ottavio: Di spolvero, di quelli bravi!
Domanda: Com’era il Mondiale?
Ottavio: Il Mondiale… aveva un rapporto di canto che un ce n’era altri. A uno di Cecina, era un uomo brutto, gli dissi: “Se ti dà una poesia lui, t’addormenta”, gli dissi al Mondiale, ma era brutto quello [di Cecina]. Il Mondiale lo guardò in faccia, e gli disse:
“Se tu cantassi bene quanto se’ brutto, / ti darebberoil premio dappertutto”  (10).

A conclusione, mi sarà consentita una notazione politica. Militante comunista, Arturo nutriva però qualche simpatia per il movimento libertario, come dimostra una sottoscrizione di cinquanta lire in favore di «Umanità nova» che egli fece al principio del 1948, insieme agli anarchici schedati (e ingiustamente dimenticati) Corrado Portanti, detto Medarde (11), e Giuseppe Gianneschi (12) , e ad Ottorino Grandi (13), che rivediamo passare per Via Matteotti dignitoso e severo, a Giuseppe Signori  (già esule in Francia con i suoi fratelli) (14), a Giovannino Nizzardi  (l’ex presidente del CLN locale) (15) e ad Edmondo Francesconi (16) .

Contrasto fra padrone e contadino – Ottave di Mondiale – Follonica

Riproduciamo una parte del “Contrasto”, che Arturo dette alle stampe più di 50 anni fa, perché documenta il suo amore per la poesia e la mitologia e l’intensa passione civile e politica, da cui era animato in quegli anni di fervore e speranze di giustizia e rinnovamento sociale.

Dormiva Apollo il suo sonno beato
Clio, Tersicore, Urania e Melpomene,
Calliope, insieme con Polligna e Erato
Euterpe con Talia nascosto tiene
le canore armonie che gli fu dato
del suono e il canto come gli appartiene
da quella Menemosine che apria
il suo embrione ed ogni musa uscia.

Contadino: Dopo vent’anni di dura agonia
rivediamo la lega dei coloni
risuscitata con tanta energia
che richiama all’appello i giusti e i buoni
con dovere e giustizia pura e pia
si fa presente a voi illustri padroni
che il vento nero in rosso si è cambiato
deve esser tutto democratizzato.

Padrone: La plebe sogno tu non hai pensato
specialmente voialtri contadini
siete indecisi del vostro operato
non conoscete i punti sopraffini
certo che un ciarlatano vi ha parlato
avido di ingrandirsi e far quattrini
s’è veduto altre volte in questo mondo
portarvi in cima e rigettarvi in fondo.

Contadino: Non è così signori vi rispondo
oggi abbiamo veduto e si è sentito
dell’ingiustizia il peso furibondo
la violenza del vecchio partito
compraste il violento e il vagabondo
violaste il buon senso all’infinito
senza coscienza umana né cervello
faceste usare l’olio e il manganello.

Padrone: Hai mai veduto in questo luogo o in quello
Conti, Marchesi, Principi e Baroni
scendere in piazza e fare del bordello
sulle vane e insulse discussioni
noi opriamo per il giusto il buono e il bello
vi diamo vita e tante largizioni
adesso ci accusate ingiustamente
ma verrà il dì che vi ritorna in mente.

Contadino. Voi lavoraste maliziosamente
insieme a Mussolini l’assassino
di Matteotti ed altra brava gente
ambizioso, tiranno, empio, fellino
complici del fascismo apertamente
l’Italia che d’Europa era il giardino
l’avete sconcassata e demolita
con quella guerra ingiusta e non sentita…

Note:

1 – “Sì, sì, ha sempre cantato, ha avuto tre premi: uno di canto, uno di ballo, uno di bicicletta. Se avesse visto come ballava il valzer, sembrava un frullino quando ballava” (Vanni Bernardeschi, Luisa (Scarlino, 1911). Test., Follonica, 10-2-1998, M7, 30). Arturo morì il 14 gennaio 1970.
2 – Barontini era molto più vecchio del “Mondiale”. Luisa lo ricordava già molto “anziano”,  “secco”, con i capelli grigi, e pensava che “fosse stato in pensione quando l’ho conosciuto” (ivi).  Alfio Bernardeschi ci ha raccontato: “Barontini anche lui faceva il poeta… non è che cantavano insieme, cantavano in contrasto, perché lui [il “Mondiale”] era il poeta d’una parte e lui [Barontini] lui era il poeta dell’altra” (Bernardeschi, Alfio.  Test., Follonica, 17-2-2001).
3 – Tra i poeti a braccio, che cantavano insieme al “Mondiale”, Luisa ci ha fatto il  nome di un certo Balestri: “Di nome… non me lo ricordo, aveva sposato una Ceccarelli… Stavano di casa in quella via, ha visto, là davanti, c’è la gabina [via Cavour]” (Vanni Bernardeschi, Luisa. Test., Follonica, 22-3-1008, M7, 29).
4 – Ivi.
5 – Bernardeschi, Alfio.  Test., Follonica, 17-2-2001.
6 – Vanni Bernardeschi, Luisa. Test., Follonica, 10-2-1998, M7, 30.
7 – Nato a Scarlino nel 1905.
8 – “Lui – ci ha detto Luisa Vanni, riferendosi al marito – per di’ la verità non le ha mai scritte le cose di bernesco, io [non] ci ho altro che [quello] che ha attaccato lì, quello sì, quello l’ha fatto lui, poi l’hano stampato”. “Il mi’ marito non le scriveva le poesie, lui se le levava [cavava] dalla testa” (ivi).
9 – Arhus Pimpinelli era nipote di Ireneo Pimpinelli, che era stato sindaco di Montieri dal ’20 al ’22 e aveva scritto un opuscolo in versi, intitolato: “Contro il secessionismo (terzine). Il socialismo (versi martelliani)”, edito a Boccheggiano nel ’47.
10 – Piccolo omaggio a Ottavio Lenzerini per il suo novantaquattresimo compleanno, Follonica,  «La Risveglia», 1999, p.1, 4-5.
11 – Su Corrado Portanti: Il mi’ paese è libero…,  Fra testimonianze orali e carteggi: Follonica dal 1940 al 1945”, Follonica, 1996, p.13, 20.
12 – A Follonica c’è ancora chi ricorda Giuseppe Gianneschi quando vendeva la verdura al mercato di piazza 24 maggio, dicendo con inconfondibile accento fiorentino: “Spicchia e gialla la pesca bella!” (Fortunati, Francesco. Test., Follonica, 15 mag. 2009).
13 – Ottorino Grandi era stato partigiano durante la guerra di Liberazione (Grandi, Laura. Test., Follonica).
14 – Su Giuseppe Signori: Bucci, Fausto.  . Il mi’ paese è libero…”, cit., p.20.
15 – A Giovannino Nizzardi accenna, con affetto, Francesco Barcelli in varie testimonianze orali. Su Nizzardi si veda anche: Bucci, Fausto. Il mi’ paese è libero…”, cit., p.56.
16 – «Umanità nova», n.2, 1 feb. 1948.