Sauro e Mondiale, cavallo e cane partigiani

Vogliamo ricordare Sauro e Mondiale, cavallo e cane partigiani che seguirono un lungo tratto delle vicende della III Brigata Garibaldi “Camicia Rossa condividendo le sorti della formazione e la triste fine di alcuni partigiani. Per loro un posto speciale nelle praterie della Libertà.

Dai ricordi del partigiano Fosco Sorresina (1):

due amati, fedeli ed intelligenti animali facevano parte dell’ organico a pieno titolo: si trattava di un grosso cavallo normanno e di un cane lupo.
Il cavallo, che durante gli spostamenti trainava un pesante barroccio, si adattava anche alla soma e per il colore del suo pelo venne battezzato Sauro.

Per confermare l’attaccamento verso il cavallo partigiano, riportiamo la cronaca della sua liberazione dopo che i fascisti repubblichini lo avevano requisito e mostrato a mo’ di trofeo e monito per le strade di Prata:

Durante la permanenza dei partigiani  a Prata, Sauro era custodito da un collaboratore in un podere fuori le mura chiamato l’ Aina …
I fascisti, venuti a conoscenza della presenza della bestia, vennero dal comando di Massa Marittima, lo prelevarono consegnandolo a due uomini del paese presi a caso, lo spazzino Balestri e il minatore Atineo Sanesi. Venne dato loro l’ordine preciso e categorico di fare passeggiare tutta la notte quel cavallo per le vie del paese senza consegnarlo a nessuno, pena gravissimi guai se non si fossero attenuti agli ordini ricevuti.
Si trattava di una sciocca spavalderia a mo’ di sfida contro i partigiani. Intanto i due malcapitati impauriti e tremolanti iniziarono, contro voglia, la ridicola passeggiata: la gente era incuriosita, i ragazzi avevano fatto un lungo codazzo e i passi di Sauro rimbombavano per le strette viuzze di Prata.
Ben presto nostri collaboratori giunsero al comando per informare dell’accaduto, L’allarme fu immediato, tutti in un attimo fummo pronti, gli ordini furono drastici: “Colpire i fascisti e recuperare il cavallo”.
I n un batter d’occhio scendemmo dalla montagna, il dislivello ci facilitava la corsa … e appena giunti al cosiddetto Ponte Primo sulla strada provinciale, in una curva fatta a U molto stretta a circa 500 metri dal paese, il comandante Chirici ordinò al tenente Gallistru di prendere due uomini, raggiungere il paese e sparare contro i fascisti

Nel frattempo una Balilla carica di fascisti in fuga riesce a passare attraverso il fuoco degli uomini di Gallistru e dell’ appostamento degli altri partigiani, nonostante gli indiani Daras e Jachiris la inseguissero facendo fuoco per quasi un chilometro. Gomme a terra, tutta bucherellata, con un solo fascista ferito, l’ auto riuscì ad arrivare a Massa Marittima dove i fascisti dovettero affidare le brache alla lavandaia.

Liberammo quindi il cavallo che, cavalcato da persona che ne aveva dimestichezza, prese la via della montagna e scomparve …

 Sauro poi purtroppo morì bruciato quando i fascisti dettero fuoco per rappresaglia al podere di Campo al Bizzi presso il Frassine e lo rinchiusero dentro la stalla, subito dopo aver finito a pugnalate ed infierito sui cadaveri dei partigiani Silvano Benedici, Pio Fidanzi, Otello Gattoli, Remo Meoni e del catanese Salvatore Mancuso con una gamba spezzata: a quest’ultimo il fascista “ M. della fattoria di Vecchienne ” infilerà il pugnale in bocca aprendogli tutta la faccia e dicendogli “Noi si mangia il pane, te mangia questo !” (2).

 Mondiale era invece il cane lupo, mascotte della formazione, docile e intelligente, l’unico fortunato che durante gli spostamenti non doveva trasportare niente.

Dal diario di un altro partigiano (3), Mauro Tanzini, ecco tratteggiato il carattere sensibile di Mondiale evidentemente provato dalla scomparsa di alcuni partigiani e dell’inseparabile cavallo:

Il cane, dopo il tragico fatto di sangue del Campo al Bizzi (16 febbraio 1944), venne preso in consegna dal Chirici.
Venendogli a mancare la compagnia dei partigiani, soprattutto quella di Fulvio Guarguaglini che era il partigiano addetto al cavallo Sauro e quindi era la persona che non si separava mai da questi due animali, Mondiale  non era più il docile animale che tutti si conosceva, infatti diventò irascibile e molte ore del giorno le passava ad abbaiare.
Col capitano avevamo cercato più volte di allontanarlo da noi, affidandolo ai contadini della zona, ma questo dopo poche ore riappariva.
E così, non avendo la forza di ucciderlo, decidemmo di rischiare e di tenerlo, pur sapendo che i poderi Poggione, Poggio Carlo, Serra a Paganico e Poggio ai Buoi erano stati oggetto di visita da parte dei fascisti repubblichini in cerca di noi partigiani; a quanto di seppe in seguito dai nostri informatori erano già sulle tracce del cane

Questi, infatti, è un ottimo punto di riferimento per i rastrellamenti fascisti: i militi, che raramente osavano addentrarsi nella macchia e nei forteti, avevano a quanto pare ormai individuato questo abbaiare:

Dopo il colloquio avuto con il gruppo di Zazzeri, avvenuto nella seconda quindicina del marzo ’44, io e il Chirici nel corso del nostro trasferimento nella zona prescelta (bosco del Caglio), passammo dal Poggiarello a prelevare il cane lasciato in consegna al carissimo Bardelloni (boscaiolo di Monterotondo Marittimo), dopo di che proseguimmo nel nostro cammino.
Nei pressi del podere Puntone fummo avvistati da un gruppo di militi repubblichini e in questa località avvenne la fine del nostro amatissimo Mondiale.
Prima di decidermi ad ucciderlo si sentì gridare: “E’ il cane dei partigiani, arrendetevi”. A questo punto per Mondiale fu la fine: gli sparai due colpi di rivoltella. Questo fatto mi sconvolse molto poiché fu una triste ma necessaria decisione.

A Sauro e Mondiale.

Oh … intelligenti e fedeli amici,
fra i monti  nevosi e verdi vallate
ci seguiste fino alla morte!
Queste memorie,
dedicate ai vostri bellissimi nomi,
annoverati fra i Caduti per la Libertà,
siano segno di dovuta reverenza.

(Fosco Sorresina, partigiano combattente)

 

Note:

(1) Dal libro Fosco Sorresina “Camicia Rossa, dal Frassine alle Murate”  – ANPI Grosseto
(2) Testimonianza citata in: Carlo Groppi  “La piccola banda di Ariano” pag. 170 –  Ed. Il Chiassino 2003
(3) Mauro Tanzini teneva un diario durante la sua attività partigiana, manoscritto che andò perduto e che fu riscritto dallo stesso nel 1960.

 

(Scheda di Aldo Montalti)