Gino Bencini

 Figlio di Alessandro (1) e di Palmira Nesi, Gino Bencini [nella foto il primo in piedi a destra] nasce a Follonica il 17 novembre 1887. Scaricatore di porto, nel 1914 è iscritto al partito repubblicano, poi si avvicina al movimento libertario. Chiamato alle armi nel 1915, viene gravemente ferito al torace da un ufficiale austriaco, mentre gli presta soccorso. Ricoverato a lungo in ospedale, diserta – secondo i familiari – dopo la mancata concessione di una licenza di convalescenza e torna a piedi a Follonica, rifugiandosi nelle macchie di Monte di Muro, dove viene aiutato dalla moglie e dai sovversivi locali.

Arrestato dopo qualche mese, viene condannato il 18 gennaio 1919 a venti anni di carcere dal Tribunale militare di Firenze. Il 25 luglio la pena è ridotta dal Tribunale supremo di guerra a cinque anni di reclusione, poi l’amnistia nittiana del 2 settembre restituisce a Gino la libertà. Avversario del fascismo, il nostro viene assalito nel gennaio 1922, lungo la via Castiglionese, da quattro squadristi di Scarlino, che gli procurano delle lesioni guaribili in otto giorni, e lo abbandonano sul terreno, ai margini del padule. Il 23 gennaio Bencini descrive così il pestaggio subito: “Verso le ore 17 del 13 gennaio mentre tornavo a Follonica in bicicletta dal Puntone, giunto che fui a circa un km. dal paese fui aggredito da 4 individui i quali mi picchiarono con i nerbi di cui erano armati. Essi sono dei fascisti di Scarlino e di frequente vengono a Follonica. Però non so come si chiamano e li conosco solamente di vista… Essi viaggiavano in un barroccino al quale era attaccato un cavallo rosso; poco prima di incontrarsi con me erano scesi legando la bestia a un pino sulla strada. Non mi querelo per le lesioni riportate le quali sono di già guarite”.

Il due gennaio 1930 Gino viene arrestato per aver consegnato delle cartucce di dinamite a Settimio Salvatori e accusato, insieme al repubblicano Adelmo Panerai (2) , di attentato alla sicurezza dello Stato. Deferito al Tribunale speciale fascista, viene prosciolto, il 21 marzo, per insufficienza di prove dalla Commissione istruttoria e scarcerato. Può così tornare a Follonica, dove continua ad essere attentamente sorvegliato. Il 16 aprile 1938 il capo della polizia fascista, Augusto Bocchini, ordina al prefetto di Grosseto di disporre, in “vista della prossima visita in Italia del Führer”, una oculata vigilanza “riguardo noti sovversivi Panerai Adelmo fu Torello nato Follonica 7 ottobre 1893 et Bencini Gino fu Alessandro nato Follonica 17 novembre 1887 entrambi oggetto precedente corrispondenza et esaminare opportunità fare iscrivere predetti elenco persone arrestare determinate circostanze”. Il 20 aprile il prefetto Enrico N. Trotta assicura di aver incluso Bencini e Panerai (“dato loro carattere impulsivo et loro precedenti”) nell’“elenco terzo persone arrestare determinate circostanze”, che comprende l’anarchico Dante Funaioli e i comunisti Giuseppe Moroni, Priamo Scheggi e Amerigo Schiano (detto “Terrore”).

Il primo giugno la Prefettura maremmana scheda Bencini, segnalando nel “cenno” biografico che è alto m.1,60, ha corporatura robusta, viso ovale piccolo, capelli grigi e lisci, occhi cerulei, mento ovale, rughe frontali ed espressione fisionomica seria. Secondo Trotta, Gino nutre sentimenti socialisti e rappresenta una minaccia per il fascismo: “In passato ha dimostrato spiccati sentimenti sovversivi e frequentava assiduamente i circoli socialisti e repubblicani… Il Bencini si ritiene pericoloso… ed anche alquanto violento e potrebbe eventualmente, se spinto, essere indotto a commettere atti inconsulti”. Sorvegliato fino alla caduta di Mussolini, collabora dopo la Liberazione alla ricostruzione di Follonica e fa parte di vari comitati che tentano di risolvere alcuni dei numerosi problemi, che affliggono, in quel difficile periodo, il paese.

Gino si spegne a Follonica il 4 gennaio 1953.

(Scheda di Fausto Bucci e Aldo Montalti)

Note:

1 – ” Mi è stato tramandato dal mio nonno materno Alcide che suo nonno paterno Alessandro Bencini, nativo del Fitto di Cecina e dunque mio trisnonno, fu sergente maggiore con Garibaldi anche se il ricordo non mi chiarisce se nella spedizione dei Mille o in qualche altra campagna militare garibaldina. Per questo motivo comunque Alessandro era conosciuto a Follonica come ” Il Maggiore “: nonno ne ricordava la persona imponente ed i lunghi riccioli bianchi della capigliatura ” (A. Montalti).

2 –   Il 24 giugno 1937 i fascisti segnalarono che Adelmo Panerai non aveva dato alcun segno di ravvedimento. Il militante repubblicano rimase sempre fedele alle sue idee e nel 1942, quando il fascismo era ancora saldamente al potere, pronunciò un breve discorso sovversivo in piazza Sivieri, davanti a molti follonichesi, sulla necessità di finirla con la guerra e il fascismo (ACS, Roma, CPC, b.3693, fasc.28095; Salvestrini Borghesan, Diva. Test., AB).