Ermanno Neri

Nasce a Sassofortino il ventuno giugno 1898 in una famiglia di contadini. Il padre si chiama Emanuele, la madre Elisa Carli. Ermanno frequenta le scuole elementari, poi fa il bracciante e l’operaio. A Sassofortino, a Roccastrada, a Montemassi e a Roccatederighi i sovversivi sono numerosi: i più conosciuti sono i socialisti Antonio Gamberi, un poeta originario di Tatti ed esule in Francia dal ‘7 al ’14, Dante Nativi, già coinvolto nei fatti del ’98 e membro di una famiglia di rivoluzionari, e Adolfo Catoni, che fa parte della Società operaia di Montemassi, e gli anarchici Elia Baldanzi, condannato a sei mesi di carcere nel 1900, per aver liquidato l’uccisione di Umberto I con queste parole: “Hanno ammazzato l’orso”, Luigi Semplici, Alessio Pettini e Pilade Grassini.
A Sassofortino salgono di quando in quando i fratelli Amedeo e Oliviero Pecci (1), tutti e due membri del Circolo Germinal di Grosseto: Oliviero diserterà nel ’16 e cadrà, lo stesso anno, a Grosseto, al Chiasso dei Topi, in un scontro a fuoco con i carabinieri.

In questo “humus” politico è naturale che Ermanno si avvicini agli ideali di uguaglianza e giustizia sociale e che li abbracci, poi, con entusiasmo. E, quando l’Italia dichiara guerra agli Imperi centrali, Neri è già schierato con i sovversivi, che non vogliono né il conflitto, né la pace, ma la rivoluzione sociale, come sostiene Luigi Galleani sulla “Cronaca sovversiva”. Richiamato sotto le armi, Ermanno va al fronte, poi, mandato a casa in licenza, partecipa alle proteste contro la guerra e il militarismo, che hanno luogo a Roccatederighi il venti gennaio 1918, e viene condannato dal Tribunale militare di Firenze a due mesi di carcere perché colpevole di resistenza alle forze dell’ordine.
Congedato, aderisce, durante il biennio rosso, a un “circolo socialcomunista” e prende parte alle alle agitazioni e proteste proletarie, che si svolgono a Sassofortino, a Roccatederighi, a Montemassi, a Roccastrada e a Sticciano. E forse va – insieme a Orlando Ordini, a Dante Nativi, a Natale Bastiani, a Adolfo Catoni, a Davide Bartaletti, a Luigi Semplici e ad altri duemila sovversivi – alla “conquista” della fattoria, che i fratelli Pierazzi possiedono a Civitella: dura replica del mondo subalterno alle minacce degli agrari di sfrattare un colono dal podere Maria Adelaide.

L’episodio di Civitella è uno degli ultimi sussulti ribellistici della Maremma grossetana, perché nel ’21 le squadre mercenarie fasciste dilagano in tutta la Maremma, con la complicità o la tolleranza delle forze dell’ordine, il trenta giugno il capoluogo cade nelle mani degli “italianissimi tricolorati”, dopo una notte di selvagge violenze, poche settimane dopo la stessa sorte conosce Roccastrada, dove gli “schiavisti”, guidati da Dino Castellani, ammazzano nove persone, dopo essersi ubriacati e sparati fra loro, e la posizione di Neri – e di tanti altri sovversivi – diventa incertissima.
Per sfuggire alle violenze, che quotidianamente vengono esercitate dai fascisti, Neri valica le Alpi nel settembre del ’22 e si rifugia in Francia, stabilendosi a Auboué, insieme a molti profughi di Tatti, di Roccastrada, di Montemassi e di Roccatederighi. Per mantenersi fa il manovale in una miniera di ferro, poi si sposta a Branville e in seguito lavora nel bacino carbonifero di Calais, infine prepara il carbone di legna a Bastia e, nel ’31, scarica le navi al porto di Marsiglia. Dal ’32 al ’37 fa il carbonaio e il bracciante nel Var e svolge un’intensa attività anarchica, che non sfugge ai fascisti, i quali lo considerano ormai un temibile oppositore.

Il ventisette agosto del ’36 il prefetto di Grosseto, Enrico N. Trotta, si occupa di lui ed informa le autorità superiori che abita a Le Lavandon, Quartiere della Fossette, 4-5, e che, prima di emigrare, “era un accanito avversario del fascismo”. Il quindici settembre lo stesso Trotta chiede che Ermanno venga iscritto nella Rubrica di frontiera come “sovversivo da perquisire e segnalare”.
Nel ’38 Neri è in Spagna, “arruolato nelle milizie rosse spagnole”, ma la permanenza dell’anarchico di Sassofortino nella penisola iberica è tutt’altro che facile: arrestato dagli stalinisti, Ermanno viene incarcerato insieme ad altri compagni di fede e comunisti dissidenti, tra cui Dante Armanetti, Salvatore Fusari, Enrico Crespi, Giovanni Martini, Giuseppe Checchi, Rino Graziani, Carlo Montresor, Libero Mariotti, Giovanni Vezzulli, Giuseppe Morisi, Giacomo Pisani e Aldo Lorenzoni. Al principio del ’39 il Comitato anarchico italiano pro Spagna, con sede a Parigi, si occupa del suo caso e di quello di altri antifascisti detenuti nelle carceri repubblicane e chiede all’Ufficio della Lega dei diritti dell’uomo di Barcellona, diretto da Giaele Franchini Angeloni, i dati anagrafici dei compagni imprigionati in Catalogna, fra i quali si trova anche Neri.
Rilasciato poco prima della caduta di Barcellona, Ermanno torna in Francia nel febbraio del ’39 e viene internato nello spaventoso “campo della fame” di Argelès-sur-Mer, dove è ancora rinchiuso il sei marzo, quando le autorità italiane ordinano che venga arrestato “in caso di ingresso nel Regno”.

Ad Argelès – il campo di prigionia, dove si registrano perfino dei casi di lebbra e dove gli internati si sfamano, mangiando le canne palustri – Neri aderisce al gruppo anarchico “Libertà o morte”, insieme a Giovanni Zazzu (2), all’ex redattore dell’“Adunata dei refrattari” Ilario Margarita, a Gennaro Gramsci, a Enrico Zambonini, a Cornelio Giacomelli, a Giuseppe Borgo, a Faustino Braga, a Lelio Osio, a Enrico Crespi e a molti altri esuli italiani.
Trasferito nel campo di Gurs, Ermanno vi resta fino alla resa della Francia, poi entra in Belgio e il diciassette giugno 1940 si presenta al Consolato italiano di Bruxelles. Rimpatriato con foglio di via, è arrestato al Brennero il ventiquattro giugno e tradotto a Grosseto. Interrogato il ventinove giugno, non fa i nomi degli antifascisti, che ha conosciuto all’estero, e risponde di aver lavorato nelle miniere di ferro di Auboué e nelle macchie da carbone in Corsica e nel Var. “Nei primi mesi del ’39 fui fermato in località che non ricordo ed inviato al campo di concentramento di Argelès sur Mer, dove sono rimasto fino al mese di aprile dello stesso anno. Venni trasferito ad altro campo di concentramento ove formarono delle compagnie di lavoro e fui inviato a Dunquerque dove, dopo l’occupazione tedesca venni messo in libertà per poter rimpatriare a mio rischio e pericolo”. Nega infine di aver combattuto contro Franco: “Non sono mai stato in Spagna né prima né durante la guerra svoltasi colà. Escludo di aver fatto parte dle gruppo libertario “Libertà o morte”. Ho sentito parlare al primo campo di concentramento della vedova Angeloni che non ho mai conosciuta”.

Il sette luglio il questore di Grosseto, dott. Vincenzo Mancuso, scrive al prefetto che i “palesi sentimenti avversi del Neri, dato lo stato di guerra, non consentono che egli rimanga in località dove potrebbe continuare a svolgere attività deleteria e, pertanto, si propone che lo stesso venga assegnato al confino di polizia”. Ventiquattro ore più tardi il capo della polizia fascista, Bocchini, invita l’Ufficio confino a “fare assegnare confino polizia Neri Ermanno fu Emanuele destinazione Ventotene”, e il dieci luglio la Commissione provinciale di Grosseto (formata dal prefetto dott. Guido Palmardita, dal questore dott. Vincenzo Mancuso, dal dott. Orazio Bertuccelli, procuratore del re, da Francesco Burgia, console della 98ª legione M.V.S.N., dal dott. Guido Verdi, maggiore comandante del gruppo dei carabinieri, e da Ettore Gargiulo, commissario di pubblica sicurezza) assegna l’anarchico di Sassofortino al confino per cinque anni, “quale elemento pericoloso all’ordine pubblico”.

Nei giorni seguenti Ermanno Neri viene tradotto a Ventotene, dopo che un medico grossetano ha certificato che è “in grado di lavorare normalmente” e che la sua costituzione fisica è abbastanza robusta da consentirgli di sopportare il regime del confino. Schedato dalla Prefettura maremmana il dodici luglio (sul modello A si legge che è basso di statura, ha i capelli brizzolati, la fronte larga e il viso ovoidale), si comporta nell’isola con la consueta dignità, limitandosi a chiedere un paio di scarpe, qualche indumento e le medicine per combattere l’eczema, che ha contratto nei campi d’internamento francesi.
La Prefettura di Littoria (dalla quale la Colonia di Ventotene dipende territorialmente) riferisce al Ministero dell’Interno l’undici agosto 1941 che il Neri “continua a serbare immutate le sue idee avverse al regime” e il quattro giugno 1942 il direttore della Colonia, dott. Marcello Guida, fa sapere ai superiori che “il confinato Neri – antifascista schedato e pericoloso – in colonia non ha dato segni di ravvedimento e si è sempre affiancato ai peggiori sovversivi”.

L’anno seguente l’anarchico di Sassofortino viene ricoverato per qualche mese all’ospedale di Napoli, perché l’eczema, che lo perseguita, si è aggravata, estendendosi alle due mani. Tradotto di nuovo a Ventotene nell’agosto del ’42, Ermanno viene rilasciato il ventidue agosto del ’43 (un mese dopo la caduta di Mussolini) e mandato a Sassofortino con foglio di via obbligatorio e l’obbligo di presentarsi a Grosseto entro tre giorni. Il venti agosto 1943 il maresciallo dei carabinieri di Roccastrada, Arturo Tangari, riferisce alla Questura di Grosseto che il Neri, “testè dimesso dal confino di polizia, risiede a Sassofortino e si dedica ai lavori agricoli. Presentemente non risulta svolga attività politica alcuna, comunque, però, è stata disposta su di lui conveniente vigilanza”.

Il trenta marzo 1944 il questore repubblichino di Grosseto, Vincenzo Mancuso, invia il seguente telegramma ai prefetti della cosiddetta “Italia libera” (cioè dei territori controllati dalla R.S.I.): “Prego ricerche arresto traduzione campo concentramento Bagno Ripoli ex confinato neri Ermanno fu Carlo nato Sassofortino Roccastrada ivi residente resosi irreperibile”. Neri si è però dato alla macchia e i tentativi dei fascisti di catturarlo sono infruttuosi. Dopo la liberazione, l’ex “miliziano rosso” riprende il suo posto nel movimento anarchico e fonda i gruppi libertari di Roccatederighi e di Ribolla. La nascita delle due associazioni inquieta la Questura di Grosseto, che chiede, il venti novembre 1947, ai carabinieri di Ribolla chi siano i componenti dei due gruppi, quale attività essi svolgano “nonché la condotta, specie dal lato politico, finora tenuta costà dal Neri Ermanno”. Qualche giorno dopo i carabinieri di Massa Marittima riferiscono che il Neri fa parte del gruppo anarchico di Piombino, insieme a Dario Franci, a Egidio e Maria Fossi, a Alessandro Cinci e a Adriano Vanni. Ermanno continua a essere piuttosto attivo e il trenta novembre del ’47 versa un contributo a “Umanità nova”, insieme a Bernardo Mastioni e a Alceste Massari, poi, nell’estate del ’48, promuove il restauro del monumento di Ferrer a Roccatederighi, distrutto dai fascisti nel ’21, e il sette novembre del ’48 e il due gennaio del ’49 versa duecento lire “pro vittime politiche” insieme al Massari. Le forze dell’ordine non lo perdono d’occhio e si interessano di lui fino al 1967.
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Appendice:
Neri in Spagna
Neri al confino
Il no di Marcello Guida. Ventotene, 16 aprile 1942
Note
1)Nato a Grosseto nel 1892, Oliviero Pecci fu a lungo membro – come i fratelli Amedeo e Assuero – del Gruppo Germinal di Grosseto.

2)Giovanni Zazzu nacque il trenta marzo 1910 a Pattada (Sassari) e fece per molti anni il pastore in Sardegna. Emigrato clandestinamente in Francia nel ’29, venne segnalato a Barcellona il ventuno settembre 1931, insieme agli anarchici Luigi Damiani, Niccolò Turcinovich, Primo Marchiò e Enrico Toti. A fine anno Zazzu si trasferì a Marsiglia e per un mese e mezzo dimorò nella Maison Saint-Louis Basso, n.1. Iscritto, l’otto febbraio 1932, nel Bollettino delle ricerche, su richiesta del questore di Sassari, come “anarchico da perquisire e vigilare”, raggiunse la Spagna nell’agosto del ’36.
L’anno seguente scrisse al fratello Bachino una lettera, che la Prefettura di Sassari giudicò “poco riguardosa verso il fascismo e verso l’Italia”. Nella missiva Giovanni informava il fratello di essere andato in Spagna “con la Croce rossa internazionale come infermiere. E di ciò sono orgoglioso di essere anch’io uno che è accorso” ad aiutare “questo popolo tradito, eroico e martire, che merita l’aiuto del proletariato mondiale perché lotta per la salvezza del mondo”. Un popolo, la cui unica colpa era “quella di non aver lasciato mano libera ai traditori, assassini di bambini indifesi, di donne e vecchi inermi e codardi nel campo di battaglia e quelli sono gli stessi criminli che hanno reso la bella Italia nella più triste delle situazioni” e vogliono fare “della Spagna un cimitero criminale. Sappiano però che la Spagna non è l’Abissinia, ma che sarà un osso duro da masticare” e che ci “ si romperanno i denti”. Giovanni metteva in guardia il fratello dai fascisti, che ingannavano i giovani italiani “con montagne di promesse”, dicendo loro che “li manda[va]no a lavorare in Africa”, mentre invece “li porta[va]no a fare gli assassini in Spagna”. Il sette ottobre del ’37 la Divisione polizia politica comunicava agli Affari riservati che l’anarchico di Pattada era tornato a Marsiglia e il quattordici novembre la Prefettura di Sassari chiedeva che fosse immediatamente arrestato, in caso di ritorno nel Regno, invece di essere semplicemente perquisito e sorvegliato.
Occupato, verso la metà del ’38, nell’Ardèche (un dipartimento della regione rodaniana), Zazzu venne internato, al principio del ’39, nel campo di Argelès-sur-Mer, dove fece parte del gruppo anarchico “Libertà o morte”. Rilasciato, si trasferì a Marsiglia, dove venne segnalato il trenta agosto, dal Consolato fascista come “anarchico attivo”, che poteva diventare pericoloso (ACS, Roma, CPC, b.5558, fasc.97318).
Inizio documento
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Neri in Spagna
Ministero Interno
Direzione generale della pubblica sicurezza
Affari generali e riservati Sez. 1ª (casellario politico centrale)

Roma, 15 maggio 1939

A S.E. il Prefetto di Grosseto

Oggetto: Neri Ermanno fu Emanuele nato a Sassofortino il 21 giugno 1898, comunista

In via riservatissima si comunica che il soprascritto, fuggitivo dalla Spagna e trattenuto attualmente nel campo di concentramento di Argelès sur Mer, avrebbe fatto parte del gruppo libertario “Libertà o morte”. Tanto per notizia, con preghiera di far tenere copia della fotografia del Neri.

D’ordine del Ministro
Inizio documento
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Neri al confino
Gab.04429

[Grosseto], 10 luglio 1940

Neri Ermanno fu Emanuele e fu Carli Elisa, nato a Sasofortino – Roccastrada – il 21 giugno 1898, bracciante, celibe, antifascista

Eccellenza il Prefetto di Napoli

Si comunica che la Commissione provinciale per i provvedimenti di polizia nella seduta odierna ha assegnato il soprascritto al confino per la durata di cinque anni. Lo stesso, giusta disposizione del Ministero dell’Interno, è stato assegnato a Ventotene per dove sarà fatto tradurre. Si fa riserva di rimettere i documenti di rito.

Il prefetto
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Il no di Marcello Guida. Ventotene, 16 aprile 1942
“Al Ministero dell’Interno (Sezione confinati politici). Roma.
Il confinato politico Neri Ermanno, trovandosi sprovvisto di scarpe e della biancheria, prega codesto Onorevole Ministero di volersi compiacere disporre affinché gli sia concesso quanto domanda. Con osservanza. Neri Ermanno. Ventotene (Littoria), 26 gennaio 1942”.

“Colonia confino politico. Ventotene. Al Ministero dell’Interno, Direzione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, sezione I. Ventotene, 16 aprile 1942
Si trasmette una domanda con cui il confinato in oggetto [Ermanno Neri] chiede la concessione di scarpe e calzature. Da rigorosi accertamenti praticati in ottemperanza delle vigenti disposizioni restrittive impartite al riguardo da codesto superiore Ministero, risulta che il richiedente non trovasi in condizioni di effettivo bisogno. Pertanto si esprime parere contrario all’accoglimento della domanda.

Il direttore della Colonia (Dr. Marcello Guida)”.

( Tratto da ” Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola” di Fausto Bucci, Simonetta Carolini, Andrea Tozzi e Rodolfo Bugiani –  Follonica 2000)