Corrado FAIANI

Nato a Livorno il 20 gennaio 1891, fa il facchino al porto e professa principi anarchici. Emigrato a Marsiglia nel 1906, viene condannato a 2 mesi di reclusione per una rissa ed espulso dalla Francia nel 1910. Chiamato alle armi dopo l’intervento italiano, è denunciato al Tribunale militare marittimo di La Spezia per diserzione. Prosciolto il 24 marzo 1919 grazie alla “piccola” amnistia, rientra a Livorno, dove partecipa alla fondazione della Camera del lavoro sindacale e professa apertamente le sue idee sovversive.

Proposto per l’ammonizione nel 1923, espatria nell’ottobre 1924 e si stabilisce a La Seyne – sur – Mer. Rientrato a Livorno qualche mese dopo, si abbona al settimanale anarchico «Fede!» di Roma e il 10 agosto 1925 viene schedato dalla Prefettura, che ne sottolinea il contegno sprezzante verso le autorità. Arrestato l’8 aprile 1926, per aver organizzato, insieme a Lanciotto Corsi, a Ugo Chiappe e ad altri antifascisti una clamorosa protesta in occasione dei funerali dell’anarchico Oreste Lunardi, morto sul lavoro, cadendo da oltre 20 metri di altezza nella stiva di una nave, si introduce illegalmente in Francia nell’ottobre 1926 e fissa la propria residenza a Marsiglia, ma il 7 settembre 1927 viene arrestato a St. – Gilles e condannato a 20 giorni di carcere per violazione del decreto di espulsione, adottato a suo carico 17 anni prima.

Di nuovo arrestato il 6 novembre 1927 per “rottura del bando”, riesce a restare nel territorio transalpino grazie a un permesso di soggiorno trimestrale. Nel 1928 sottoscrive due franchi in favore de «La Diana», di Parigi, e viene raggiunto in Francia dalla moglie Dina Iacoponi e dal figlio Eugenio. Segnalato nel Principato di Monaco, dove non dà luogo – recitano le carte di polzia – a “rilievi sfavorevoli”, va in Corsica, nel marzo 1932, con l’anarchico Corrado Vannucci, per un abboccamento con l’ex segretario della Camera sindacale di Livorno, Eugenio Bini, poi si trasferisce a Le Pecq, vicino a Parigi, dove frequenta Virgilio Gozzoli e Francesco Barbieri e ospita il cognato Natale Vasco Iacoponi, uno stalinista, che condurrà – ha ricordato il bordighista Piero Corradi – una battaglia senza esclusione di colpi contro la Frazione di sinistra.

Incluso fra i sovversivi attentatori nel 1933, insieme a Giulio Bacconi, Livio Bixio Falchini, Ilio Barontini, Menotti Gasparri e altri esuli livornesi, sostiene con i suoi contributi il “Comitato anarchico pro vittime politiche d’Italia”. Trasferitosi a Nizza nel 1934, viene arrestato nel dicembre 1936 e condannato a un mese di carcere per violazione del bando di espulsione, quindi, il 17 agosto 1937, è cancellato dal prefetto di Livorno dall’elenco degli attentatori, ma il Ministero dell’Interno ne ordina, il 4 gennaio 1938, il reinserimento nella lista, non condividendo l’iniziativa del capo della provincia.

Contrariamente alle voci, che lo danno in Spagna, fra i “miliziani rossi”, Faiani continua a vivere a Nizza, sia pure in condizioni assai difficili, perché la polizia francese gli sta addosso e la magistratura transalpina non esita ad infliggere un mese di carcere alla moglie Dina Iacoponi e al figlio Eugenio, perché non dispongono di documenti regolari. Rimpatriata nel dicembre 1938, la Iacoponi dichiara di avere “sempre disapprovato la condotta” del marito e del fratello Natale Vasco: “ Non ho, pertanto, preso parte a manifestazioni e riunioni sovversive. Non posso negare che mio marito professi idee anarchiche, ma per quanto egli sia stato quasi sempre lontano da me e non m’abbia mai palesato quello ch’egli faceva fuori di casa, debbo ritenere che non esplichi alcuna attività perché sarebbe assai rischioso per lui farsi notare e mettersi comunque in vista. Non posso dire altrettanto di mio fratello Iacoponi Natale Vasco, che, da acceso comunista, fa parte del centro di Parigi ed è incaricato di tener conferenze e di far propaganda nei dintorni di detta metropoli ”.

Verso la metà del 1939 Faiani viene rinchiuso nel campo di sorveglianza speciale del Vernet d’Ariège, dove rimane fino al 23 luglio, quando viene arrestato a Ventimiglia. Interrogato a Livorno, nega di aver frequentato all’estero gli ambienti anarchici e di aver conosciuto Ugo Boccardi e ammette soltanto di essere stato arrestato 5 volte per violazione del bando di espulsione dalla Francia e di aver avuto qualche contatto con Corrado Vannucci per ragioni di lavoro. Rimesso in libertà, dopo essere stato ammonito, lavora in un negozio di pesce fresco e viene sorvegliato fino alla caduta del fascismo, sebbene non svolga alcuna attività politica. Arrestato insieme al cognato dopo la nascita della R.S.I., resta in carcere per alcuni mesi. Morto a Livorno nel 1948, è sepolto al cimitero dei “Lupi”, accanto alla moglie Dina (1896-1979).

Fonti: ACS, CPC, ad nomen; «Fede!», n.33, 11 mag. 1924; Amministrazione, «La Diana», n.7, 1 ago. 1928; R. Questura di Livorno. Elenco dei sovversivi emigrati od irreperibili, Livorno, 14 nov. 1931, ACS, S13A, b.7, fasc.39; Comitato anarchico pro V.P. d’Italia, «Lotte sociali», n.1, 15 dic. 1933.

(Scheda di Fausto Bucci, Rodolfo Bugiani e Simonetta Carolini per www.radiomaremmarossa.it).