1944: i fratellini massetani mitragliati con la madre a Pratogrande, nel Padule di Fucecchio.

Nei casolari posti ai margini del vasto padule che da Fucecchio si estende a pochi chilometri da Montecatini e che da Fucecchio stesso prende nome, avevano trovato moltissime famiglie di sfollati dalle città tormentate dalla guerra, assillate dalla fame e perseguitate dalle ‘’retate’’tedesche. Questa vasta zona offriva un sesnso di maggiore sicurezza delle altre dato che era generale opinione  che un esercito moderno, motorizzato, preferisse percorrere nella sua avanzata le strade che dritte e sicure portano da sus a nord, anziché ingolfarsi e impantanarsi nella melma e nelle canne di un padule.
Sul suo margine ovest, quasi in faccia a Monsummano, si erge una grossa costruzione: l’essiccatoio di tabacco del podere detto ‘’Pratogrande’’ di proprietà Settepassi. In alcune stanze della casa colonica, dello stesso essiccatoio, avevano trovato rifugio tre famiglie si sfollati.

Il figlio del proprietario stesso, Aldo Settepassi di Firenze con la figlia unica Sandra di anni 17; il loro amico, il signor Guido Malfatti di Massa Marittima (Gr), con la moglie Emilia Pollastrini, i figli Leonardo, Domenico, Elena, Marcella, Evandro e Inghilesco, questi ultimi rispettivamente di 13 e 9 anni; l’operaio Umberto Guiducci con la moglie Lina Barsali, la cognata Giulia Barsali e i figli Gianfranco e Maria Grazia rispettivamente di 20 e 17 anni. In più vi erano le due famiglie coloniche addette al fondo, i Pagni ed i Bartolini.
La vita trascorreva abbastanza tranquilla, in rassegnata ma fiduciosa attesa degli eventi la cui imminenza si sentiva nell’aria. Ed ecco, improvvisa come la folgore, abbattersi la tragedia. La mano tedesca, ancora grondante del sangue di altri innocenti doveva abbattersi rapida, immane su questo asilo di pace.

Siamo al 21 agosto 1944: un tedesco è ferito da colpi di fucile mentre percorre, su un’autoblinda, una strada a margine del padule. Altri, giorni prima, sono stati bersaglio di alcuni colpi. Partigiani che tirano nascosti nel canneto? Forse.
La rappresaglia, cieca e crudele, non si fa attendere.

La mattina del 23 agosto, alle sei, gli sfollati vengono svegliati dalla contadina Lina Bartolini: ‘’Fuggite’’ grida ‘’arrivano i tedeschi per prendere uoomini !”. In distanza si ode un confuso rumore di motori e le urla di comandi. Non c’è un minuto da perdere. Già altre volte la scena si era ripetuta, sempre però senza conseguenze. Anche questa volta quindi gli uomini pensano di scappare verso il padule. Le donne, fino ad allora sempre rispettate, restano a casa.
Gli sfollati escono silenziosi, carponi, da una botola che dà dietro l’essiccatoio; appena fuori le prime scariche di mitragliatrici li cercano a caso, a raffiche tra le canne. La gravità del momento è subito intuita. Non si cercano uomini da portare al lavoro, si fa un’azione di guerra contro i partigiani. Unica via di salvezza sarebbe rompere il cerchio che si va sempre più stringendo attorno al padule, ma è impossibile. Internarsi si deve, verso il centro, difesi dalla natura stessa del terreno melmoso e dalla vastità dei canneti. Il gruppo dei fuggitivi si va sempre più assottigliando, cercando ognuno rifugi diversi.
Il contadino Guido Pagni, nel tentativo di tornare verso casa, reso sicuro dalla propria età, settant’anni, è ucciso; verrà trovato la sera su un argine. Gli spari aumentano: ad un tratto si sentono delle grida di donne, di bambini […] ognuno crede i riconoscere una voce cara, un appello diperato […]. La mitraglia non cessa un momento e i proiettili passano a pochi centimetri dalle teste. A un tratto una granata, poi un’altra, esplodono sul canneto.

I tedeschi hanno voltato i pezzi di artiglieria schierati di fronte agli americani e scaricano la loro barbara rabbia a colpi di cannone. Il contadino Alberto Parenti che si trovava a pochi passi da Aldo Settepassi è maciullato da una granata. Tutto intorno al padule il fuoco continua ininterrotto: le ore passano lente, tragiche, nell’attesa della morte immediata e nell’attesa della sorte di chi è rimasto nell’essiccatoio. Il sole picchia, asfissiante sulle teste e la sete comincia a tormentare. Sono le due del pomeriggio. Un poco alla volta i tiri diminuiscono d’intensità, riprendono, cessano del tutto. Che i tedeschi siano andati via?  Il pensiero dei propri cari spinge ad uscire da quell’inferno e a tornare alle case.
Aldo Settepassi e il colono Natale Bartolini arrivano, per primi, strisciando, a cinquanta metri dall’essiccatoioo. Tutto è silenzio. Una contadina sola, quasi impietrita è sull’uscio: “Cosa è successo ?” le si grida. La sua voce rotta dall’angoscia risuona sinistra in mezzo a quel silenzio: “Sono tutti morti !”.

Cosa è successo a Pratogrande? Mentre gli uomini fuggono verso il padule, le prime pattuglie tedesche, formate da uomini espressamente chiamati dal fronte dell’Arno, arrivano ai poderi. Diversi di essi, radunati sull’aia dell’essiccatoio gridano di uscire alle persone rimaste in casa. Tutti obbediscono, sfollati e contadini coi bambini per mano. Un ufficiale ordina loro di allinearsi contro il muro; chi non è rapido nel farlo viene spinto violentemente.
Sono undici donne, undici donne inermi dai 45 ai 13 anni, appena svegliate dal sonno. Nulla sanno di partigiani, di guerra, di politica. La loro vita è la famiglia, il lavoro casalingo, l’amore per i propri cari. Insieme a loro sono due bimbi di nove e tredici anni. Undici inermi, due bambini e un ragazzo di venti anni che lavora per la Todt . La raffica parte ugualmente, micidiale, contro il gruppo. Tutti cadono sull’aia. Ma non tutti sono morti: Emilia Malfatti, che si trova accanto ai figli Inghilesco di nove anni ed Evandro di tredici, crivellati dai colpi, raccoglie le ultime energie e grida “Assassini, assassini”!
Una nuova raffica,. Bestiale, la finisce. Ci si accanisce sui caduti, fino all’ultimo. Elena e Marcella Malfatti, ferite, si fingono morte e solo così potranno salvarsi. Unica illesa è Maria Grazia Guiducci, di 17 anni […] Sandra Settepassi, anche lei diciassettenne, è caduta immediatamente fulminata da 17 proiettili sul petto.
La contadina Lina Bartolini muore dopo due ore di cosciente agonia, dissanguata. Gli altri, tolto una bimba che riesce a fuggire benché fatta segno a colpi di fuoco e una donna gravemente ferita all’addome, sono tutti morti.

Alla casa colonica vicina, i soldati tedeschi, eroi di tanta gloria, bevono e mangiano frutta, sghignazzando. Ai primi che osano avvicinarsi per prestare soccorso ai feriti, gridano “Oggi gran festa” !
Nel tragico 23 agosto del 1944, tutt’intorno al padule di Fucecchio, si ripetono identiche le stragi, di casolare in casolare: le vittime si contano a centinaia. Il fatto di Pratogrande è uno dei tanti episodi.

Tra le vittime innocenti:
• Evandro Malfatti, 13 anni, di Guido e Pollastrini Emilia, nato a Massa Marittima (Gr) il 3 dicembre 1931, residente a Grosseto.
• Inghilesco Malfatti, 9 anni, di Guido e Pollastrini Emilia, nato a Massa Marittima (Gr) il 5 maggio 1935, residente a Grosseto.
• La loro madre Emilia Pollastrini, 45 anni, fu Antonio e Santina Savio, nata ad Anzio (Rm) il 5 luglio 1900, residente a Grosseto.
• Sandra Settepassi, 17 anni, di Aldo e Giuseppina Scognamiglio, nata a Firenze il 6 dicembre 1926.
• Gianfranco Guiducci, 20 anni, di Umberto e di Lina Barsali, nato a Buggiano l’11 maggio 1924, residente a Pieve a Nievole.
• Sua madre Lina Barsali, 50 anni, fu Francesco e fu Maria Boldrini, nata a Lucca il 30 novembre 1893, residente a Pieve a Nievole.
• Sua zia Giulia Barsali, 46 anni, fu Francesco e fu Maria Boldrini, nata a Lucca il 4 ottobre 1897, residente a Pieve a Nievole.
• Guido Pagni, fu Emilio e fu Maria Sorini, nato a Ponte Buggianese il 1° maggio 1885, ivi residente.
• Alberto Parenti, di Fedele e Armida Pagni, nato a Ponte Buggianese il 30 ottobre 1912, ivi residente.

 

[ Tratto dalla testimonianza rilasciata dopo un mese dai fatti dal sacerdote francescano Primo Magrini (padre Egisto) in L’eccidio di Capannone e Pratogrande1944 c/o Archivio comunale di Ponte Buggianese a cura di Aristide Benedetti (*), come riportato nel volume Vasco Ferretti – Vernichten , Eccidio del padule di Fucecchio – Maria Pacini Fazzi editrice in Lucca, 1988 ].

Nota in appendice (*).

Il Professor Aristide Benedetti, è stato comandante della formazione partigiana “Fedi”, 30 uomini operanti nel padule di Fucecchio, inquadrati nella Brigata PartigianaLibertà”, 238 partigiani così suddivisi nelle 12 formazioni :

 

1. “Micheletti della Polveriera” 29 uomini
2. “Gilardi”   40 uomini
3. “Barni”    33 uomini
4. “Berti”    12 uomini
5. “Biagini Gino”   10 uomini
6. “Biagini Bino”   11 uomini
7. “Magni Magnino”  17 uomini
8. “Taddei – Pellegrino”  19 uomini
9. “Pucci”    29 uomini
10. “Dini”    11 uomini
11. “Schiavelli”    7 uomini
12. “S. Fedi”   30 uomini

La banda partigiana “Fedi” – al cui comando Benedetti era coadiuvato da Arrighetto Sorini  – dipendeva dal C.L.N. di Ponte Buggianese ed ebbe un campo d’azione magnifico per la sorpresa, il padule di Fucecchio appunto.  A lei si deve l’occupazione di Montecatini, l’attacco a numerose autovetture tedesche, azioni di pulizia e rastrellamento, taglio di fili telefonici e scontri che portarono alla perdita di diversi sottufficiali e soldati nazisti. Colpi di mano furono fatti contro fascisti repubblicani e le loro case dalle quali furono asportate armi e munizioni.
Aristide Benedetti è stato sindaco di Ponte Buggianese (Pt).

 

 [Scheda a cura di A.Montalti]