Rodolfo Tamburini, ”Rodolfo” e “Enzo”.

Nasce a Milano nel gennaio 1924 ma la famiglia, di origini fiorentine, si strasferisce a Piombino per motivi di lavoro.
E’ arruolato nella Regia Marina e trascorre lunghi mesi di guerra nel Nord Africa vivendo sconfitte e ritirata prima in Libia e, successivamente, in Tunisia.
Viene traferito in Italia con un convoglio di sette pescherecci carichi di truppe italiane e, nel tragitto, uno di questi viene affondato dagli Inglesi senza che gli altri si fermino per soccorrere eventuali superstiti: il comando è quello di attraversare il Canale di Sicilia il prima possibile.

L’8 settembre ‘43 lo trova a Napoli e, nel fuggi fuggi generale dell’ esercito italiano che si sfalda, Rodolfo trova, come tanti, iniziale rifugio presso famiglie napoletane che danno prova di grande solidarietà ospitando, nascondendo, fornendo abiti civili da sostituire all’abbigliamento militare.

Giunge a Piombino attraverso tappe a piedi e tratti in treno, passando da Firenze ed avvalendosi di un documento italo tedesco, sottratto di nascosto, che lo accrediterebbe come sommergibilista al servizio dei nazisti nel porto francese di Bordeaux, lasciapassare che gli evita noie ed arresto ai posti di blocco.
Dopo un relativamente breve periodo passato nascosto dai suoi, in Piombino, la decisione di unirsi al Movimento partigiano, decisione condivisa appieno dalla famiglia.

Tramite l’antifascista storico Ilio Salvadorini [del quale sono famosi i ripetuti scontri fisici sostenuti coi picchiatori fascisti piombinesi], a fine ottobre il padre lo accompagna al podere La Batistina, tra Montioni e Suvereto, coltivato dalla famiglia Righi che lo prende in custodia per alcune settimane.
Da lì, al momento giusto, nella zona di Montebamboli aggregato alla IIIa Brigata Garibaldi del capitano massetano Mario Chirici, della cui guardia personale Rodolfo fa parte; si sfrutta anche la sua esperienza acquisita nel campo delle telecomunicazioni.
Nel marzo ’44 a Rodolfo, lasciato il suo posto di guardia del comandante a Luigi Tartagli, viene affidato il comando di una squadra che porta il nome del martire partigiano massetano Enrico Filippi.
E’ proprio questa la squadra che funge da avanguardia durante l’assalto alla caserma repubblichina di Suvereto tra il 10 e l’11 giugno: l’azione ha successo e porta alla cattura di 14 militi che, riconosciuti responsabili di violenze sulla popolazione civile locale, successivamente verranno passati per le armi, decisione da cui Rodolfo prende le distanze rifiutandosi di assumere il comando del plotone di esecuzione.

Negli stessi giorni, a Rodolfo ed a due partigiani sovietici viene affidato il tenente Alfredo Gallistru, ormai moribondo a causa delle ferite riportate nella battaglia di Monterotondo Marittimo: il colpo letale gli ha perforato il basso addome e loro non hanno mezzi e possono contare sulle sole conoscenze di uno dei due sovietici, medico veterinario.

Gli ultimi giorni prima della liberazione dell’Alta Maremma, Rodolfo li passa insieme alle avanguardie dell’ esercito americano che segue e con cui collabora fino alla conquista di Sassetta dove, restando leggermente ferito ad una mano, prende la decisione della personale smobilitazione.
L’impegno militare prosegue però per altri due anni nella Marina.

Rodolfo, che non si era ‘’occupato di politica’’ durante gli anni del fascismo né se ne occuperà dopo la Liberazione, tiene ancora oggi a sottolineare la sua posizione ‘’ … non rimpiango quegli anni, ma nemmeno li rinnego: nel momento del bisogno non mi sono nascosto …’’.

Ci ha lasciati il 3 luglio 2013.

 

Nella foto di gruppo, ‘Rodolfo’ è il quarto da sinistra in piedi, accanto al comandante Mario Chirici.

(Scheda di Aldo Montalti – Collaborazione di Giorgio Cortigiani)