Raffaello Bellucci

Nasce a Orbetello il venticinque aprile 1904, risiede a Grosseto, è in possesso di licenza di scuola tecnica e fa lo scrivano. Di idee repubblicane, emigra in Francia nel ’31 con un regolare passaporto e si presenta, con una lettera dell’antifascista grossetano Ottorino Sarperi, a Primo Wongher, un repubblicano di Porto Santo Stefano, che è espatriato nel ’27 e risiede a Pointe Allegre (1). Wongher gli dice di avere “in mente di creare in Italia una organizzazione segreta chiamata Giovane Italia”, di indirizzo repubblicano, e gli chiede se “questa organizzazione” possa “attecchire” in Maremma. Bellucci risponde negativamente, poi, tornato a Grosseto nell’aprile del ’32, informa il Sarperi delle intenzioni del Wongher. Arrestati entrambi nei giorni successivi, Bellucci e Sarperi vengono rilasciati per mancanza di “prove di colpevolezza”, dopo una breve detenzione. Nella primavera del ’34 Bellucci torna di nuovo in Francia e si stabilisce a Nizza, dove frequenta gli ambienti antifascisti italiani, insieme ad un altro grossetano, Bruno Carmignani (2), poi, il cinque aprile, invia una eguente lettera alla Segreteria del P.C.d’I: “Proveniente dall’Italia fui incaricato a suo tempo di mettermi in comunicazione col compagno Armando Davoli di cui mi fu fornito l’indirizzo 18 Av. Batignolles- St. Ouen. Poiché il Davoli ha abbandonato questo indirizzo, prego codesta Segreteria di fornirmi il mezzo, se le è possibile, di entrare in contatto col compagno suddetto, nel modo più opportuno e più sicuro…” La Segreteria comunista si limita a rispondere, con un pizzico di ironia: “Probabilmente questa lettera è stata indirizzata a noi per errore. Non sappiamo – o forse non ricordiamo? – nulla di quanto accenna il Bellucci…”

In settembre l’antifascista maremmano assiste, insieme a Carmignani, a Alfredo Magnani, a Ottavio Mazzetti, a Luigi Tagli e a Duilio Balduini, alla conferenza che Francesco Volterra tiene nella sala della Fratellanza, e il diciotto aprile del ’35 rientra in Italia, fermandosi a Firenze per incontrare alcuni antifascisti amici del Magnani. In seguito fa visita ai propri familiari a Grosseto e, il tredici giugno, torna a Nizza, dove si iscrive al Partito comunista. In luglio svolge una certa propaganda contro la campagna di aggressione dei fascisti ai danni dell’Abissinia e racconta di avere assistito a Firenze alle proteste dei militari, che erano in procinto di partire per il Corno d’Africa.
Il sei ottobre del ’36 la Divisione polizia politica segnala che un sedicente Franco, alias Nello, compaesano di Etrusco Benci, “continua a svolgere a Nizza un’intensa propaganda a favore del fronte unico, coadiuvato dal figlio dell’ex deputato Croce e da membri del partito comunista francese”, e il nove ottobre una spia dell’Ovra (che sigla i suoi rapporti con il numero 513 e che si è infiltrata negli ambienti antifascisti di Nizza) riferisce che il “compagno Benci Etrusco di Giuseppe trovasi a Barcellona in convalescenza in seguito ad una ferita riportata sul fronte di Aragona” e che “Raffaele Bellucci sarebbe il famoso Franco Nello funzionario del fronte unico”.

Il venticinque novembre le fonti fasciste scrivono che “i noti anarchici Persici Celso di Giuseppe, Montacci Angelo di Giuseppe ed i noti Vitali Achille di Giuseppe, Morisi Giuseppe fu Enrico e Bellucci Raffello, detto “Franco” da Nizza, trovansi arruolati nelle milizie rosse spagnole”, e il dieci dicembre il Ministero dell’Interno informa telegraficamente i prefetti che secondo “notizie fiduciarie repubblicano Raffaello Bellucci di Felice residente Francia troverebbesi arruolato milizie rosse spagnole. Pregasi disporre che medesimo caso ingresso Regno sia arrestato previa accurata perquisizione riferendo per ulteriori determinazioni. Prefetto Grosseto est pregato rettificare in tal senso inscrizione rubrica frontiera et provvedere inserzione anche bollettino ricerche con riproduzione fotografia assicurando”.

La segnalazione della presenza di Bellucci in Spagna sembra frutto della confusione, che le autorità italiane fanno fra lui ed Etrusco Benci, un altro antifascista maremmano, che si è arruolato nella Colonna internazionale Lenin del P.O.U.M. In ogni modo, il trentuno dicembre 1936, la Prefettura di Grosseto scheda il Bellucci e segnala nel Mod. A che è un “sovversivo pericoloso perché, abile nello svolgere propaganda sovversiva, ordisce trame occultandone le prove e le tracce e perché, pur non essendo capace di dirigere comizi, sa però tenere riunioni e capeggiare discussioni. Nei confronti delle autorità è cortese e abile dissimulatore. E’ stata chiesta la rettifica della di lui iscrizione in rubrica di frontiera da “perquisire e segnalare” in “arresto” e la iscrizione nel Bollettino delle ricerche per uguale provvedimento”. Lo stesso giorno il prefetto di Grosseto, Enrico N. Trotta, conferma nel Mod. B che Bellucci è in Spagna “per combattere in quelle milizie rosse”.

Un anno più tardi, il ventiquattro novembre 1937, il medesimo funzionario riferisce che Bellucci è stato nominato segretario dell’Unione popolare italiana di Nizza, dove “sta attivamente cercando aderenti per la costituzione di nuove sezioni dell’Unione tanto a Nizza come nel relativo dipartimento. E’ pertanto da ritenersi che egli cerchi di mantenere rapporti con vecchi compagni di idee tuttora residenti nel Regno o che vi siano ritornati”.
Frutto della confusione fra Benci e Bellucci è la segnalazione, nella prima metà del ’39, dell’internamento di quest’ultimo nei campi francesi, insieme a Fusero e allo stesso Benci. Anche le notizie riguardanti la presunta presenza di Bellucci a Parigi negli anni successivi e la sua naturalizzazione francese derivano dalla confusione, che i diplomatici e le spie fasciste fanno tra di lui e un omonimo Raffaello Bellucci, nato in provincia di Firenze nel 1898 e residente nella capitale francese, in rue Guénot.

Segnalato più volte a Nizza fra il ’40 e il ’42, Bellucci viene arrestato a Mentone il ventuno aprile 1943 e tradotto a Grosseto, dove, nel corso dell’interrogatorio, al quale viene sottoposto il due giugno, esclude “nel modo più assoluto d’essermi arruolato nelle milizie rosse spagnole non essendomi mai allontanato da Nizza come potrà essere accertato dalle autorità consolari. Non ho mai assunto il nome di Franco. Nel 1938 , quando cioè non era stata ancora dichiarata la guerra, fui costretto a presentare domanda di arruolamento nell’esercito francese che, però, non ebbe seguito, per evitare rappresaglie. Mai ho chiesto la naturalizzazione francese, tanto vero che sono in possesso di passaporto italiano e di carta di identità che è rilasciata agli stranieri… Durante la mia permanenza a Nizza non mi sono mai occupato di politica…”
Rilasciato il due agosto, Bellucci fonda, a Campo Spillo, nel settembre del ’43, il “primo comitato che lavorò nella provincia per promuovere la lotta partigiana” (3) e prende parte alla Resistenza. Nominato, nel ’46, segretario della Federazione comunista di Grosseto, mantiene l’incarico fino all’ottobre del ’47. L’anno seguente viene eletto deputato con 26094 suffragi, mentre alle “politiche” del ’53 ottiene soltanto 8206 voti e non è confermato.

Note
1)Primo Wongher era un marittimo originario di Porto Santo Stefano, dov’era nato il 20 ottobre 1895. Iscrittosi giovanissimo al Partito repubblicano, amministrò la Cooperativa portuale Nazario Sauro e fu eletto consigliere comunale a Monte Argentario. Schedandolo il tredici marzo 1934, la Prefettura di Grosseto scrisse che dall’“età giovanile professa idee repubblicane mazziniane, a favore delle quali in Porto Santo Stefano, a suo tempo, faceva propaganda spicciola fra la massa operaia e pescatori. Aveva rapporti coi compagni di fede anche fuori da Porto Santo Stefano…” Più avanti la Prefettura sottolineava che, pur avendo frequentato solo le scuole elementari, aveva “però letto molto e si è creato in tal modo un discreto corredo d’istruzione. E’ intelligente e di parola piuttosto facile ed aveva una certa considerazione ed ascendente anche fra i non compagni di fede”.
E infine: “Non chiese mai l’iscrizione al P.N.F., anzi dopo l’avvento fascista continuò a palesarsi apertamente repubblicano. E poiché per quanto non in modo appariscente continuava a capeggiare la piccola frazione repubblicana di Porto Santo Stefano, da elementi fascisti fu purgato due o tre volte e corse anche il rischio di essere bastonato. Lungi dal cambiare le proprie idee si dimostrava, anche in pieno dominio fascista, irriducibilmente contrario al fascismo e fermamente convinto delle proprie opinioni politiche e per tal motivo essendogli divenuta alquanto pericolosa la sua ulteriore permanenza in Porto Santo Stefano”, si trasferì a Nervi, emigrando, il ventitré marzo 1927, a Marsiglia, dove venne raggiunto dalla moglie Pierina Castriconi e dalla figlia Anastasia.
Nella città portuale francese Wongher ebbe stretti contatti con il prof. Fernando Schiavetti e con Randolfo Pacciardi e svolse un’attività antifascista molto intensa, che gli costò l’iscrizione nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche e l’inclusione nella lista degli attentatori maremmani, insieme al fratello Vittorio, esule anch’egli in Francia. Il venti febbraio del ’33 Wongher scrisse a Pacciardi: “Mi fa piacere saperti più forte degli avvenimenti… Bravo Randolfo, continua ad essere degno della nostra tradizione e nella sventura… sappiamoci elevare al di sopra di tutte le nostre avversità…” Tornato in Italia nel ’45, Wongher fu eletto sindaco di Porto Santo Stefano nel ’46 e confermato nella carica nel ’51, poi, nel ’58, fece parte della lista repubblicana – radicale per la Camera dei deputati, insieme a Pacciardi, a Guido Calogero e a Luigi Delfini (ACS, Roma, CPC, b.5474, fasc.7682; Etruria nuova, n.u., Grosseto, mag. 1958).

2)Su Bruno Carmignani: Banchi, Aristeo (Ganna). Si va pel mondo…, cit., p.125-126.

3)Il Comitato venne fondato da Aristeo Banchi, Albo e Raffaello Bellucci, Tullio Mazzoncini, Antonio Meocci e Giuseppe Scopetani (ivi, p.82-83).
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Appendice: “La provata fede antifascista”
“La provata fede antifascista”
L’otto settembre 1943 di R.Bellucci

Questa data di infausta memoria per il nostro paese ci ricorda l’inizio di un periodo di intensa lotta clandestina per l’organizzazione della resistenza armata contro i nazifascisti. Ritrovammo allora molti vecchi compagni [sui quali] contavamo e che non vennero meno alla loro fede, e trovammo molti nuovi compagni che si gettarono nella lotta con ardore e la fede dei neofiti.
Fu quello il periodo in cui la “provata fede antifascista” non era una formula perché l’attività stessa era la prova della “provata fede”: allora si rischiava la pelle e non si battagliava intorno alle cariche ed agli incarichi.
Fu quello il periodo di Campospillo e le scorribande sulle strade del Mancianese e della montagna con le tasche piene di materiale di propaganda ed alla ricerca degli elementi per i collegamenti e la formazione dei C.L.N. clandestini. Le bande armate andavano lentamente e spontaneamente formandosi e bisognava rintracciarle alla macchia e tentare di organizzarle per la resistenza.
Il Partito Comunista mandava i suoi funzionarii con i quali bisognava prendere contatto e riunirsi spesso in Grosseto stesso senza potersi muovere sotto i bombardamenti e qualche volta con la guardia repubblichina che faceva gli esercizi davanti alla casa dove eravamo in riunione. Non sempre andava tutto bene e nella lotta molti sono caduti: chi con le armi in pugno, chi in prigionia. Ci fu la caccia all’uomo, il duello a morte tra noi e loro, ma era una regola normale del gioco, tutti lo sapevano e tutti continuarono il gioco fino in fondo.
Qualcuno dei compagni di allora è attaccato oggi da certi “non mai iscritti al fascio” che a quell’epoca condannavano ogni forma di resistenza e maledicevano coloro che la praticavano, perché compromettevano la tranquillità del loro sfollamento.
Questi antifascisti in pantofole oggi sono molto scrupolosi in materia ed esigono la “provata fede”.
Fortunatamente il ridicolo non uccide.

( Da Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola F.Bucci, S.Carolini e altri)