Francesco Fiorini, ‘Pilade’

Francesco Mario Fiorini nasce a Chiavari (Genova) il 15 giugno 1927 . Maggiore di tre figli (gli altri due erano Marilena, deceduta, e Giorgio, vivente) di Vincenzo e di Elena Stubensky (nata a Bucarest, figlia di madre rumena di origine austriaca e di padre polacco). Fin da piccolo risiede in diverse città per seguire suo padre, dirigente della Banca Commerciale Italiana.

Proprio per via del suo lavoro, Vincenzo Fiorini conosce a Bucarest la futura madre di Francesco, che sposerà proprio nella cattedrale della capitale rumena nel 1926.

Francesco, così, vive a Chiavari, Bergamo, Milano, Firenze ed è in quest’ultima città che frequenta il Liceo classico e qui, nella sua casa di Piazza Vettori 6, lo coglie lo scoppio della guerra. Il padre Vincenzo viene subito richiamato sotto le armi come ufficiale dell’esercito, prima in Russia, poi in Africa del Nord ed infine, dopo l’8 settembre, con gli Alleati in Corsica.

A metà del 1944 Francesco, non ancora 17enne, si unisce alla Resistenza toscana. Lo fa con un amico e compagno di studi, assumendo il nome di battaglia di Pilade ( Oreste, l’amico) per via dei suoi freschi studi classici ( peraltro interrotti per via della guerra e ripresi in seguito ).

Secondo il suo “Libretto Personale” n. 101065 rilasciato dal Ministero per l’Italia Occupata, “Francesco Fiorini, celibe, studente, partigiano”, è stato in forze alla XXIII Brigata d’Assalto Garibaldi “Guido Boscaglia” (dal maggio ’44 operativa in Toscana nell’area tra Colle Val d’Elsa e Grosseto) dal 1° giugno al 20 luglio 1944; il suo superiore era Alberto Bargagna (“Giorgio”).

Ferito alla spalla sinistra il 24 giugno 1944 al podere La Casella presso Montalcinello (il proiettile entra ed esce senza provocare danni permanenti), viene ricoverato presso l’Ospedale di Grosseto e dichiarato guarito il 10 luglio.
Secondo il Libretto, riceve “assistenza” presso l’Ufficio Italiano Patrioti di Pisa che il 20 giugno 1945 gli elargisce un “primo sussidio” di 5.000 lire (foglio firmato dal rappresentante dell’Ufficio, Ten. Renato Gori).

Francesco-Pilade entra quindi nella XXIII Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia” nel giugno del 1944.
Schivo e poco incline a raccontare di sé, dell’esperienza partigiana narra poco, mettendone in evidenza la stanchezza delle marce e della vita quotidiana semplice, dura, ben poco romantica.

Del combattimento contro i nazisti a La Casella del 24 giugno 1944, avvenuto pochi giorni dopo il suo 17esimo compleanno, ha un ricordo lontano: ricorda di essersi ritrovato isolato in mezzo alla boscaglia e di essere stato raggiunto da un gran colpo bruciante alla spalla sinistra, di cui ha sempre portato la cicatrice; a quel punto si è seduto sotto un albero, ha tolto la linguetta di una bomba a mano e si è messo ad aspettare l’arrivo dei tedeschi. I suoi compagni però riconquistano terreno e lo rintracciano.
Su questo episodio, i familiari testimoniano lo spirito ironico e dissacratore di Pilade per il quale, allor quando si raccontava il fatto, veniva immancabilmente fuori: “ La cosa più difficile è stato rimettere a posto la linguetta della bomba”. E poi: “Erano tutti intorno a me, mi sentivo importante, ma in pochi secondi il dottore mi ha messo di traverso su una staccionata, mi ha abbassato i pantaloni e fatto una puntura antitetanica sul sedere davanti a tutti ”.

Nel 1987 gli viene conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare per i fatti de La Casella con la seguente motivazione:
Giovane patriota, partecipava animosamente alla guerra di liberazione. Nel corso di duro combattimento, ferito gravemente, rifiutava ogni soccorso e, incitando i compagni, continuava la lotta fino all’esito favorevole dell’azione. Casella (Radicondoli), 24 giugno 1944 ”.

Finita la guerra, negli anni 1945-47 si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Firenze e poi, dal ’47 al ’54, trasferitosi a Milano con la famiglia riunita, all’Università Statale del capoluogo lombardo, senza però terminare gli studi. Lavora in banca per un po’, poi vive due anni a Oslo, in Norvegia, per spirito d’avventura. Rientrato in Italia, il 10 marzo 1962 sposa la signora Giuliana da cui avrà due figli, Silvia e Andrea.

Ha poi sempre lavorato come ruspista e, in collaborazione alla moglie, come negoziante.

Cresciuto in una famiglia alto-borghese, colto e curioso, nel dopoguerra si riconosce politicamente nei valori dei c.d. ”laici” (dal Partito Liberale al Partito Repubblicano ), rifuggendo schieramenti politici più estremi e mantenendo una personalissima visione della realtà sociale e politica, senza mai farsi influenzare da qualsivoglia propaganda. Avrà anzi sempre un forte spirito critico – nato anche come reazione alla tronfia propaganda nazionalista del Ventennio – che lo ha porta progressivamente a un corrosivo relativismo che gli impedisce di costruirsi punti di riferimento assoluti.
Muore il 10 marzo 2001, nel giorno del 39° anniversario di matrimonio. Oggi Pilade riposa nella tomba di famiglia nel piccolo cimitero di Porto Ceresio (Varese).

 

(Scheda di Andrea Fiorini, figlio del partigiano Pilade)