Antonio Silvio Casella

Figlio di Luigi e Maria Cecilia Angella, nasce alla Spezia il 23 marzo 1895. Fonditore, si trasferisce a Savona nel 1912, dove comincia a frequentare gli ambienti libertari e “a mettersi in mostra fra gli esponenti anarchici del luogo, partecipando a riunioni e comizi”. Operaio negli stabilimenti industriali di Savona e di Vado Ligure, si forma una discreta cultura politica, leggendo  le pubblicazioni sovversive e nel 1914 si oppone alla guerra e agli interventisti. Chiamato alle armi il 27 ottobre 1915 e arruolato nella Marina militare, presta servizio sulle navi da guerra fino al 1919, allorché viene congedato dopo la disfatta asburgica. Ripresa a Savona “la sua attività politica in seno al partito anarchico”, per il quale svolge un’intensa propaganda, rientra alla Spezia nel 1920, partecipa alle manifestazioni sovversive e collabora con un gruppo di militanti libertari, che sono legati a Pasquale Binazzi:

“Binazzi era un uomo di azione – ricorderà Umberto Marzocchi nel 1946 – ed i compagni che lo avvicinavano subivano, anche loro malgrado, il fascino della sua attività energica e costante. Ben presto desiderò che i giovani si lanciassero e consigliò che si organizzassero gite nei villaggi del golfo, verso Arcola, Rio Maggiore o Blassa… Guidati dal prof. [Ottavio] Tonietti vecchio compagno e cuore eccellente, Silvio Casella, Gino Mazzei, Pompeo Barbieri, ed altri prendevamo qua e là a turno la parola e il buon Tonietti per chiudere invitava tutti alla danza… Avevamo gruppi ovunque, ed anche discussioni animate, interminabili con Renzo Novatore [Abele Ricieri Ferrari], Auro d’Arcola [Tintino Persio Rasi], Umberto Cresci, Armando Tassi, ma questi contrasti, naturali al nostro movimento, anziché portare nocumento incrementavano e completavano la nostra azione…”.

Nel 1920 raccoglie, insieme a Umberto Marzocchi e a Costante Danesi, delle sottoscrizioni per il Comitato pro vittime politiche, che vengono versate a Lanciotto Benvenuto, Raimondo Giraffa, Giuseppe Cozzani, Pasquale Binazzi, Carlo Cafiero Godani e Giuseppe Bacchini e alle loro famiglie. Membro del Comitato spezzino di difesa proletaria, si oppone, con gli arditi del popolo, alle squadracce, che insanguinano il territorio spezzino, seminandovi morte e terrore. Denunciato dopo l’uccisione dei fascisti Augusto Bisagno e Amedeo Maiani, avvenuta a Sarzana nel luglio 1921, emigra clandestinamente in Francia nel 1922 e si stabilisce a Marsiglia, dove incontra Gino Lucetti e ha modo di conoscerne le intenzioni e i progetti. Prosciolto, per insufficienza di prove, dal Tribunale di Genova, il 17 luglio 1924, dalle imputazioni relative ai fatti di Sarzana (uccisione di Bisagno e Maiano), si trasferisce a Parigi, dove – se si crede alle fonti di polizia – tenta di arruolarsi nelle “legioni” di Ricciotti Garibaldi. Qualche mese dopo è a Lyon, da dove manda delle piccole somme a «La Diana» di Parigi, il foglio diretto dal discusso anarchico Paolo Schicchi.

Accusato, il 25 ottobre 1926, da un commissario di p.s. “in missione” di essere implicato nell’attentato di Gino Lucetti contro Benito Mussolini e di essersi dichiarato favorevole a un piano per l’uccisione di Arnaldo Mussolini, ideato dall’ex redattore de «L’avvenire anarchico» di Pisa, Renato Siglich (pseudonimo: Renato Souvarine), per liquidare a colpi di bombe il capo del fascismo durante i funerali del fratello, è colpito, il 26 maggio 1927, da un mandato di cattura del Tribunale speciale fascista, che lo accusa di aver rafforzato la determinazione “criminosa” di Gino Lucetti ad attentare alla vita del duce, dicendogli che se il gesto “fosse riuscito sarebbe finito il fascismo in Italia” e i “partiti estremi” sarebbero saliti “al potere”.

Schedato il 15 ottobre 1927, Casella viene prosciolto, il 3 dicembre 1927, dalle accuse relative all’attentato Lucetti ed è segnalato perché frequenta gli anarchici Egisto Serni, Marcello Bianconi, Attilio Scarsi e Ennio Mattias (ex segretario della Camera sindacale di Spezia), tutti emigrati nella regione rodaniana. Tornato a Parigi, insieme alla sua compagna Josephine Pourcel e al figlio, che ha avuto da lei, Casella si guadagna da vivere facendo il rappresentante di libri, mentre in Italia la sua situazione giudiziaria si fa di nuovo critica, in seguito all’annullamento della sentenza assolutoria del 17 luglio 1924 per i fatti di Sarzana. Il procedimento a suo carico viene riaperto e la Corte di assise di Genova lo condanna a 30 anni di reclusione il 15 dicembre 1930. Tre anni dopo il nostro è a Algeri, dove lavora alla Librairie Cosmopolite e frequenta vari compagni di ideale.

Incluso nella lista degli attentatori nel settembre 1933, è oggetto di un telegramma, mediante il quale il capo della polizia fascista ordina ai prefetti, nell’aprile 1934, di intensificare la vigilanza per trarlo in arresto, giacché starebbe complottando, insieme a Bruno Borghini, Lorenzo Gaetano Berti, Silvio Sardi e Tommaso Biondi, “per compiere attentati [nel] Regno”. Nel 1935 Casella si fa spesso notare ad Algeri in compagnia degli anarchici Vindice Rabitti e Antonio Scottu e nella primavera del 1936 è in Francia, dove assiste, a Parigi, alle conferenze, che Tintino Persio Rasi tiene sul diritto d’asilo e sul comunismo libertario. Di nuovo ad Algeri nell’agosto 1936, informa la madre di Rabitti, Marta Torri, che il figlio è partito per la Spagna, “in compagnia di altri animosi per la difesa della Repubblica minacciata dalle orde di Franco…”.

Il 19 settembre Antonio Silvio scrive alla Torri che gli “italiani accorsi in Spagna sono migliaia e si battono meravigliosamente bene, si fanno onore, è per la libertà che lottano…” e il 19 novembre le comunica di aver “ricevuto una lettera da suo figlio e un’altra da rimettere a lei, come vedrà il morale di suo figlio è buono. Verso la fine di questo mese parto anch’io e vedrò suo figlio e molti altri amici che conosco…”. Il 4 dicembre 1936 Casella lascia Toulon, mettendosi in viaggio verso la Spagna, insieme a “un cecoslovacco poliglotta inviato da [Giulio] Bacconi” e a molti anarchici e comunisti, e il 12 gennaio 1937 viene d’urgenza segnalato dal capo della polizia fascista ai prefetti, perché  per informarli “sarebbe partito da Algeri per la Spagna per arruolarsi milizie rosse”. Nei telegrammi Bocchini ordina ai capi delle provincie di “rinnovare attente misure vigilanza per conseguire cattura predetto ove rientrasse Regno”. Il 2 agosto 1937 il console fascista di Salamanca insinua che Casella abbia partecipato ad “atti vandalici in Barcellona” e “ad orrendi delitti contro sacerdoti, ufficiali ed elementi delle destre” e il 24 marzo 1938 il Consolato fascista di Lyon riferisce che il nostro si trova a Villeurbanne, insieme a Josephine Pourcel. Nell’autunno del 1940 Casella figura nella lista dei sovversivi pericolosi residenti in Francia, vilmente trasmessa dai fascisti italiani alla polizia hitleriana, per agevolare la loro cattura, e alla fine dell’anno gestisce ad Algeri una bottega di romanzi a dispense, di proprietà dell’ing. Ettore Carrozzo.

 

Fonti: ACS,CPC, ad nomen; ACS, H2, b.15; Sanguinoso scontro tra fascisti e carabinieri a Sarzana…, «Corriere della sera», n.174, 22 lug. 1921; Rievocazione dei fatti di Sarzana, «L’unità», n.173, 28 lug. 1925; Amministrazione, «La Diana», n.4, 20 ago. 1926; Amministrazione, ivi, n.11, 25 dic. 1926; Pro Fede!, «Fede», n.8, 21 set. 1930; ACS, Min. Int., 1928, H2, b.15; Marzocchi, U. Rimembranze, «Il libertario», n.u. della Federazione anarchica spezzina, La Spezia, 1903-1946; La Spagna nel nostro cuore, 1936 – 1939: tre anni di storia da non dimenticare, Roma: Aicvas, 1996, p.126.

 

[ Scheda di Fausto Bucci, Michele Lenzerini, Rossano Quiriconi per www.radiomaremmarossa.it].