Luigi Tartagli

 

Luigi nasce a Piombino il 29 agosto del 1924.
Suo padre Ruggero, nativo di Monterotondo Marittimo (1887), è un sarto repubblicano antifascista che ha il suo laboratorio in via Giuseppe Giusti, nel centro di Piombino. La madre, Isabella Carpini, nasce ad Orciano nel 1889: la famiglia Carpini è una famiglia di anarchici trasferitasi da alcuni anni a Piombino, famiglia antifascista che vede i fratelli di Isabella, Mario ed Ettore, molto spesso molestati e picchiati dalle Camicie Nere fino ad essere costretti ad emigrare a Torino prima ed in Francia poi nel 1937. Mario verrà in seguito catturato, su delazione fascista, dalla polizia francese del regime di Vichy e deportato a Mathausen.
Luigi, come molti ragazzini della sua età, inizia ad aiutare la famiglia ( di cui fanno parte anche la sorella maggiore Primetta ed un’altra che scompare molto presto ) all’età di 12 anni andando a lavorare come cameriere prima al Circolo Roma (un circolo privato a/politico, allora la massima forma di aggregazione permessa al di fuori del partito fascista ), quindi al Bar Pellegrini di corso Italia ed infine al Caffè Excelsior che faceva parte di una catena di 4 locali di proprietà di Dante Mazzei e dei suoi fratelli.

Testimone, ancora adolescente, di numerosi pestaggi pubblici inferti dai fascisti guidati dal segretario Lorenzini agli oppositori politici piombinesi,  Luigi è presente all’ aggressione di una trentina di nerocamiciati contro l’anarchico Adriano Vanni, reo di leggere “spudoratamente” seduto al tavolino del caffè un giornale francese; vede anche l’aggressione al lattaio Adonne Ricoveri ed al comunista Ilio Salvadorini che, grazie alla sua prestanza fisica, riesce a stendere diversi fascisti facendoli desistere dall’ inseguimento.
Anche un suo vicino di casa, il barbiere Claudio Cateni, viene spesso “visitato” dai fascisti. Tutto questo, insieme ai commenti sul regime che spesso i genitori non riescono a trattenere, provoca in Luigi una base di ribellione che sfocerà tutta insieme quando i bandi della repubblica di Salò lo arruolano per legge in fanteria.

Nel gennaio del ’44 organizza, appena giunto a Firenze dall’ Ardenza, con i commilitoni piombinesi Mauro Guerrieri e Giuseppe Grilli [questi diverrà poi il centroavanti del Piombino Calcio nei campionati di serie B] ed un altro militare piombinese, una diserzione saltando dalle finestre della caserma Tripoli posta su un lungarno fiorentino non molto distante da Ponte Vecchio.
Qui si assiste ad uno straordinario e spontaneo gesto di solidarietà da parte di antifascisti che transitano occasionalmente dal Lungarno: vista cadere dalla finestra del primo piano la valigia che Luigi Tartagli getta prima di seguirla con un salto dal cornicione sottostante, un passante intuisce il piano di fuga e, cambiato marciapiede, l’afferra allontanandosi e facendo capire di fare silenzio e di seguirlo. Il gesto è ripetuto, nel giro di pochi minuti, da altri passanti con gli altri tre compagni di fuga. Il gruppo viene condotto dagli stessi all’interno della stazione di S.Maria Novella passando da un accesso secondario che fa loro eludere la stretta sorveglianza nazifascista: trascorsa la notte nascosti in un vagone, il giorno dopo raggiungono Piombino senza ostacoli.
Qui, Luigi, si nasconde per alcuni giorni e matura l’idea, condivisa dai familiari, di trasformarsi da semplice renitente alla leva in partigiano. Deve fare molto in fretta perché, come gli riferisce trapelato il suo vecchio datore di lavoro Fosco Mazzei del Caffè Roma, la polizia repubblichina è sulle sue tracce e, anzi, poco prima davanti al suo bar ha arrestato per sbaglio un altro giovane scambiandolo per lui: “Ti abbiamo preso, Tartagli !” li ha sentiti gridare soddisfatti.

Nottetempo, sotto l’organizzazione di suo zio Fulvio Tartagli [ lo stesso zio cui fin da giovanissimo Luigi affidava,come tanti altri, una piccola parte del proprio stipendio che, inizialmente a sua insaputa, andava in solidarietà alle famiglie degli antifascisti arrestati ] viene caricato su un carro guidato da uno sconosciuto, nascosto sotto un carico di fieno dove trova acquattati Pietro Bianconi, Abdenago Salvioni ed un altro giovane.
Sono preceduti e seguiti a debita distanza da due antifascisti in bicicletta, Pio Lucarelli e Gino Logi, che hanno il compito di vigilare e scortarli “fino alla macchia” aggregandoli alle formazioni partigiane. Giunti nei pressi della S.S. Aurelia in località La Sdriscia, devono proseguire a piedi ed a coppie, passando per S.Lorenzo, Calzalunga fino sotto Montebamboli dove contadini collaboratori della Resistenza li nascondono per diversi giorni, molto più del tempo preventivato, perché quelli sono i giorni dell’ imponente rastrellamento repubblichino che porterà ai tragici fatti dell’eccidio del Frassine e la IIIa Brigata Garibaldi si è così dispersa in cento rivoli per poter meglio sfuggire.

Comincia in questi giorni la sua storia partigiana, ben raccontata nel suo libro “Alla Macchia”: Luigi Tartagli vien associato alla Sezione Comando e diventa quasi subito la guardia del corpo di Mario Chirici, comandante partigiano della IIIa Brigata Garibaldi. Sarà quindi uno dei protagonisti della c.d. “battaglia di Monterotondo” e sarà testimone diretto di tanti fatti, lutti dolorosi o esaltanti azioni di guerra partigiana. Nel frattempo, perde i genitori che restano vittime di uno dei tanti bombardamenti aerei che colpiscono Piombino.

Questa esperienza partigiana termina con la liberazione di Massa Marittima, dopo la quale Luigi ritorna al suo lavoro nelle Acciaierie. Ma il suo impegno ideale e politico continua come protagonista delle lotte operaie, come attivista e dirigente del PCI dando un importante contributo alla ricostruzione del movimento cooperativo che il fascismo aveva distrutto.

Negli ultimi anni,  Luigi si trasferisce  con la moglie Marusca,a Venturina ed è più che mai disponibile a raccontare, spiegare, dibattere quei valori che lo hanno accompagnato per tutta la vita.

”Gigi” ci ha lasciato la mattina del 28 luglio 2015, per una importante malattia.

 

(Scheda di Aldo Montalti)