Alfredo Boschi

 Nasce a Massa Marittima il diciannove aprile 1889. Il suo babbo si chiama Sabatino (1), la mamma Rosa Baldini. A undici anni Alfredo comincia a spezzare i solfuri misti alle bocche dei pozzi minerari, poi fa il falegname e aderisce alla Federazione giovanile socialista, diventandone vicesegretario nel 1907. Segretario dell’organizzazione è Egisto Zannerini (2), il cassiere è Angiolino Tufacchi (3), i consiglieri sono Libero Bartalini, Martellucci, Pierino Pierini (4) e Fiorito Fiorini.

Nello stesso anno Alfredo scrive qualche articolo per la “Gioventù socialista”, il quindicinale dei giovani socialisti rivoluzionari italiani, e per l’“Avanguardia”, l’organo nazionale della Federazione giovanile socialista, che, il dieci novembre 1907, pubblica un suo “pezzo”, dove si legge: “…la scuola ci fu matrigna, ma noi non abbiamo la pomposa pretesa – come voi ironicamente dite – di conoscere a fondo tutte le teorie, tutte le dottrine, tutte le investigazioni sociologiche e scientifiche che sussidiano i geni o chi si avanza verso le alte vette della perfettibilità umana. Noi siamo andati al socialismo dalla via del cuore e da quella del bisogno. Questa nuova fede ci sprona, ci stimola allo studio, e noi, spinti da questa forza, fuggiamo dalla bettola, dal bagordo e dedichiamo quel tempo a leggere giornali e libri ove apprendiamo quali sono i nostri diritti da conquistare, i nostri doveri da compiere. E non facciamo questo per mire ambiziose, no, lo facciamo per renderci utili a noi e alla società. L’opera nostra sarà sempre rivolta al bene della classe lavoratrice alla quale noi apparteniamo…”

Nel ’13 Boschi va a lavorare nelle fonderie di Follonica (reparto modellisti), sposa Sofia Allegri, dalla quale avrà due figli, Siria e Sirio e comincia a collaborare al “Risveglio”, il foglio socialista di Grosseto, che viene stampato a Follonica, nella Poligrafica di Calab Ferrini. Molto stimato dai compagni di fatica e di idee, che apprezzano le proposte intelligenti e concrete, che egli presenta alle riunioni della piccola Lega metallurgica e ai convegni e alle conferenze socialiste, Alfredo assiste, nel gennaio del ’15, al convegno follonichese contro la guerra (5), che si chiude con l’approvazione di un odg, che minaccia la sciopero insurrezionale se l’Italia dichiarerà guerra all’Austria, e nei mesi seguenti ha, sulle pagine de “Il risveglio”, aspre polemiche con gli interventisti.

Chiamato alle armi alla fine del ’16, torna a Follonica dopo l’armistizio e, nell’ottobre del ’19, viene eletto membro del direttivo della locale Lega proletaria dei combattenti, dei mutilati e dei reduci di guerra, nel corso di un’ “adunanza numerosissima”, che presiede insieme al segretario della sezione socialista Aldo Salvestrini: “Gli adunati, ai quali spiegarono il significato di questa organizzazione i compagni Boschi e Salvestrini, dando lettura dello Statuto sociale, decisero… di mettersi in corrispondenza colle leghe della provincia ed elessero il Consiglio direttivo, che venne composto dai seguenti compagni: Bartoli Milton, Boschi Alfredo, Chiti Orlando, Billi Renato, Giani Alfredo”. Il due novembre Boschi scrive sul foglio socialista di Grosseto che “la battaglia elettorale prosegue intensa da parte dei sostenitori di tutte le liste. Ad eccezione del nostro partito, che fino dal 12 ottobre u.s. indisse il suo primo comizio pubblico con l’intervento dei candidati on. Merloni e avv. Grilli, nessun altro partito ha fatto concioni pubbliche. Abbiamo avuto la visita di qualche candidato – pezzo grosso della lista governativa – ma conferenze zero”. Il Partito socialista prosegue il “suo lavoro di propaganda… Domenica 26 ottobre u.s. avemmo un altro comizio socialista, nel quale parlarono i compagni Gio. Batta Santini e Gamberi Antonio…, ripetutamente applauditi dal numeroso pubblico che gremiva la vasta piazza Sivieri…”

Il ventitré novembre il giornale grossetano racconta che sabato sera “tutto il popolo di Follonica era in piazza Sivieri. La Fanfara rossa suonava i nostri inni di redenzione. Gli operai intonarono gli inni dei lavoratori, l’Internazionale, Bandiera rossa. Grande è l’entusiasmo quando il compagno Boschi Alfredo, dinanzi a un numeroso uditorio, apre il comizio e parla con passione per rilevare le arti di certi avversari e per protetsare contro i gesuitici sistemi di due partiti che non hanno più ragione di esistere: Il Boschi, applauditissimo, come ritorsione attacca il candidato Arturo Pallini e chiude la sua bella improvvisazione salutato da caldi e prolungati applausi”.

In dicembre Alfredo segnala sullo stesso foglio che a Roma si è riunito il Consiglio generale della Lega proletaria nazionale: “La nostra provincia fu assente, in quanto ancora non si è costituita la Federazione Provinciale pur essendo molte leghe già costituite. Ciò è un grave errore che noi abbiamo commesso, e bisogna riparare subito. La Lega di Follonica tratterà l’argomento martedì sera, le altre sollecitamente facciano altrettanto…”
Il diciassette dicembre si festeggia a Follonica l’ottimo risultato ottenuto dal P.S.I., su scala nazionale e provinciale, alle elezioni politiche. I candidati socialisti nei due collegi grossetani, Merloni e Grilli, sono stati ambedue eletti. La Fanfara rossa sfila per le vie del paese, seguita da una moltitudine di lavoratori, e in piazza Sivieri parlano Boschi e Emilio Zannerini, il cui “discorso forte, poderoso” lascia una “profonda impressione” tra i presenti, che lo accompagnano alla stazione “colla musica e in corteo”.

Nel ’20 Alfredo aderisce alla frazione comunista di Imola, poi, l’otto e il nove gennaio del ’21, interviene al secondo Congresso della Camera confederale del lavoro di Grosseto, ribadendo “l’indirizzo e i propositi rivoluzionari della Camera del lavoro” e ricordando “come il suo indirizzo sia sempre stato di dissenso da quelle che sono le direttive confederali”. Ed è lui a presentare, in conclusione dei lavori, un o.d.g., che recita: “Il Congresso ecc. ecc. riaffermando il suo indirizzo rivoluzionario [dà mandato] al rappresentante che si recherà al Congresso Confederale, perché voti contro la tattica della Confederazione del lavoro fino ad oggi seguita e si augura che l’indirizzo che prenderà il Partito socialista dopo il Congresso nazionale di Livorno permetterà alla Confederazione di poter camminare compatta verso l’avvento della rivoluzione proletaria. Dà mandato al rappresentante perché voti contro la permanenza nell’Internazionale di Amsterdam, per l’adesione alla Terza Internazionale di Mosca”.

Delegato al Congresso socialista di Livorno, Boschi partecipa alla fondazione del P.C.d’I. nel Teatro San Marco e, in seguito, è eletto segretario della sezione comunista di Follonica e membro del direttivo provinciale del partito. Ma, al principio di luglio, il villaggio costiero cade nelle mani dei fascisti e i più violenti di loro – Silverio e Germano Zanetti, Francesco Landi, Eugenio Cardelloni, Arideo e Amaido Parlanti – cancellano ogni forma di vita democratica, bastonando, purgando e sparando agli avversari politici, devastandone le abitazioni e gettando bombe sulle loro case (6).
Il ventitré luglio il “Giornale del Tirreno”, un foglio reazionario, che esce a Piombino (il direttore, Vitaliano Nesi, si è guadagnato fra i sovversivi il soprannome di: “Pozzo nero”), pubblica un “pezzo” di cronaca su Follonica, intitolato: “I fautori della guerra civile”. “L’arma benemerita – scrive l’anonimo articolista – trasse in arresto il comunista Giuseppe Innocenti, guardiano ferroviario, perché trovato in possesso di una rivoltella carica senza relativo permesso. Venne associato alle carceri mandamentali. Il Fascio ha poi imposto l’allontanamento immediato e definitivo del capo dei comunisti Boschi Alfredo perché stava organizzando squadre per affrontare i fascisti locali e formando arditi del popolo”.

Il venti ottobre gli squadristi bastonano uno dei fratelli di Alfredo, Natale, un anarchico militante, che nel 1907 ha preso parte a Massa Marittima – con Egidio Dei, Giuseppe Gasperi, Ivemero Giani, Giulio Giovannetti, Emilio Zannerini, Filide Gallozzi e Sofia Stefani Guiducci – alle proteste contro il caro viveri. “Durante la notte – telegrafa la Prefettura di Grosseto il ventuno ottobre – fu però lanciato tubo gelatina contro casa simpatizzante sovversivo Fabbri Costantino, che provocò crollo del tetto, e fu percosso, riportando lesioni guaribili otto giorni, tal Boschi Natale. Pattuglione carabinieri, poco prima mezzanotte, rinvenne poi, all’angolo di una via, quattro rivoltelle, tre pugnali, quattro bastoni ferrati e diverse cartucce per rivoltelle di vario calibro”.
Il giorno, in cui Natale viene aggredito, Alfredo, forse, si è già riparato a Tivoli, la cittadina laziale, dove rimane fino al suo trasferimento a Torino, dove viene assunto dalla Fiat come falegname.
Membro della Commissione interna del Lingotto, è in stretto contatto con Antonio Oberti, con Ottorino Perrone (Vercesi) e con altri esponenti comunisti e sindacali. Il cinque dicembre 1924 viene sorpreso dalla polizia, mentre si trova insieme ad altri sovversivi, ed è sottoposto a perquisizione personale e domiciliare e “agli opportuni rilievi fotografici e segnaletici”, poi, il tre febbraio 1925, viene schedato: nel Mod. A la Prefettura torinese annota che Alfredo abita con la moglie e i due figli in via Tripoli, n.57, scala 9, porta 154, che è alto m.1,70 e ha corporatura robusta, capelli castani, colorito bruno roseo e fronte media diritta. “Nell’opinione pubblica – scrive il funzionario – riscuote buona fama. Di carattere mite si dimostra persona abbastanza educata”, ha “intelligenza sveglia”, frequenta i compagni di fede e “prende sempre la parola alle riunioni. E’ iscritto alla Confederazione generale del lavoro e fa parte della Fiom, tendenza comunista, anzi attualmente è segretario del Comitato sindacale della Fiom e si occupa principalmente dell’organizzazione sindacale degli operai”.

Riceve e legge giornali sovversivi e fa attiva propaganda “con discreto profitto fra gli operai incitandoli ad iscriversi nelle organizzazioni sindacali di classe… Prende parte a tutte le manifestazioni del partito cui è iscritto ed a Follonica fu ritenuto uno dei maggiori organizzatori delle agitazioni sovversive, che ebbero luogo colà negli anni 1919-1920”.
Il quindici febbraio del ’25 Boschi rappresenta gli operai torinesi al Convegno sindacale metallurgico di Milano, organizzato dal gruppo comunista, e il quattro aprile viene eletto consigliere della “Mutua interna operai Fiat”, di cui diventa più tardi presidente. In giugno, nonostante la “rigorosa vigilanza” della polizia, va a Roma, dove è stato convocato per conferire con i dirigenti del P.C.d’I. sullo stato dell’organizzazione comunista piemontese e il tre luglio polemizza sull’“Unità” con il foglio socialdemocratico “La giustizia”. “Non è vero – scrive, insieme a Proglio, a nome della Commissione interna della Fiat Lingotto – che un reparto della Carrozzeria abbia effettuata la fermata in conseguenza del mancato pagamento del cottimo il giorno 15 giugno, poiché, se la cosa fosse stata in questi termini, non solo noi avremmo provveduto col nostro intervento ad eliminare eventuali rappresaglie, ma avremmo fatta nostra la causa di quegli operai, chiedendo che si desse loro soddisfazione, perché in base al regolamento interno la ditta, entro il 15 di ogni mese, deve pagare il cottimo. La fermata di cui si parla nella “Giustizia” ebbe luogo il giorno 13 e durò solo quattro minuti ed il lavoro venne ripreso senza l’intervento dei capi e all’insaputa della Commissione interna. Questa venne informata della cosa solo qualche giorno dopo, quando la direzione effettuò il licenziamento di due operaie. E’ quindi falso che noi siamo intervenuti prima per proporre poi quella tal porcheria di cui parla la “Giustizia””.

Il ventidue novembre 1926 – diciassette giorni dopo l’approvazione delle leggi eccezionali – Alfredo viene assegnato per 5 anni al confino dalla Commissione provinciale di Torino, presieduta dal prefetto D’Adamo, ed è colpito da un mandato di cattura ineseguibile, perché si è già rifugiato oltr’Alpe: “La Francia – ha scritto commossa la figlia Siria – ci ha accolti con simpatia e dato un po’ di pace dopo la violenza”.
Stabilitosi a Parigi, in rue Grands-Champs, 84, Boschi fa oparte, nel ’27, di una delegazione, che va a visitare alcune fabbriche russe, su invito del governo sovietico. La delegazione è composta dagli operai Pietro Longhi e Gioacchino Quarello, già membro del Comitato provinciale torinese del Partito popolare italiano, dal rag. Giuseppe Rapelli, ex segretario della Federazione sindacale dei portinai, dall’ing. Enrico Delpiano, anch’egli iscritto al P.P.I. fino allo scioglimento del partito, dall’anarchico Bubnich di Trieste, ex segretario della Lega lavoranti edili, da Giovanni Resolo, legatore di libri ed ex segretario della Federazione socialista di Macerata, dal comunista Nischio “di Genova, non meglio specificato” e da un “giovane venticinquenne, imbianchino o panettiere, con capelli ricciuti abbondanti, anarchico, già condannato per reati politici”.

Il quattordici luglio il Ministero dell’Interno telegrafa ai prefetti italiani di provvedere al fermo e alla perquisizione del “comunista pericoloso” Alfredo Boschi, attualmente in Russia, che dovrebbe rimpatriare per svolgere nel Regno “attività sovversiva”, e il diciotto luglio la Scuola superiore di polizia trasmette al Ministero centoventi foto dell’antifascista massetano, che vengono subito spedite ai prefetti e ai posti di frontiera.
Lasciata la Russia,Alfredo ritorna invece a Parigi, dove, per mantenere la famiglia, va, per qualche tempo, “a fare i mercati” con Giulio Guelfi e soprattutto con suo figlio Ideale (7), e porta, in automobile, la pasta dai magazzini dei grossisti alle botteghe al dettaglio. Amico di Carmine De Caro (8), di Ottorino Perrone (“Vercesi”) e di Enrico Russo, tutti esponenti di primo piano della Frazione bordighista all’estero, ripresi accanto a lui in una bella istantanea, conservata dalla figlia Siria, si trasferisce nel ’28 a Bagnolet (Seine), dove gestisce il negozio di frutta, che ha acquistato da Giulio Guelfi in Avenue Gambetta, 91, e frequenta, negli anni seguenti, i comunisti Vitrotto e Mazzino Chiesa e altri esuli.

Nei primi mesi del ’34 abita a Le Broc par Issoire e lavora in una fabbrica di Clermont-Ferrand: uno dei suoi compagni di fatica – ricorda la figlia Siria – è il brasatore genovese Enrico Crespi (9), un sovversivo, condannato nel ’16 a diciassette anni di carcere da un Tribunale militare di guerra per aver reagito a pugni e schiaffi ai soprusi di un ufficiale. Le condizioni di lavoro nella fabbrica suscitano il malumore degli operai, la lotta è aspra, i due esuli italiani vengono licenziati per rappresaglia.
In settembre Alfredo fa il muratore a Liginiac con l’impresa Ballot e il trenta marzo del ’35 il Bollettino delle ricerche gli “riserva” la scheda 0323, dove la Questura di Torino chiede che venga immediatamente arrestato, qualora rientrasse in Italia.
Nell’ottobre del ’36 gli informatori fascisti scrivono che il comunista di Massa è a Marsiglia, dove sarebbe giunto dalla Spagna: nella città portuale francese si occuperebbe del reclutamento dei volontari per le colonne antifasciste, che si battono contro i franchisti. La notizia è confermata telegraficamente dall’Ambasciata italiana di Parigi, secondo la quale “il noto Boschi Alfredo di Sabatino è giunto recentemente a Marsiglia; proveniente dalla Spagna, munito di un lasciapassare rilasciatogli dal Rosselli Carlo. Scopo dell’andata del Boschi a Marsiglia, pare sia stato principalmente quello di sollecitare il reclutamento di volontari per la Spagna. Pregasi la S.V. compiacersi disporre possibili accertamenti al riguardo, riferendone l’esito”.

Il quattordici novembre la Divisione di polizia politica scrive che Alfredo “è ripartito da Marsiglia diretto in Spagna per raggiungere le organizzazioni rosse”, ma un diplomatico, il dott. Ettore Pettinati, fa sapere, ai primi di dicembre, che sotto il nome di Boschi si celerebbe “Mazzino Chiesa, di Garibaldo” (10), un comunista di Livorno, che, in agosto, si è arruolato nella Colonna Italiana, comandata da Mario Angeloni.
Il Ministero dell’interno, i diplomatici fascisti e gli agenti dell’Ovra non riescono a venire a capo dell’enigma. In ogni modo, quando un altro fratello di Alfredo, Galliano, chiede il passaporto per recarsi in Francia e in Svizzera da Torino, dove fa l’ebanista, le autorità italiane – non senza contrasti fra loro – gli negano il documento, per impedirgli di incontrare il fratello Alfredo, che è un “pericoloso sovversivo”.

Nel ’38 Boschi è occupato nelle Officine Condamine di Clermont – Ferrand, dove vengono trovati, nelle tute di vari operai, dei manifestini, firmati dall’“Union anarchiste italienne” e indirizzati: “Aux ouvriers, aux paysans de l’émigration italienne”. Li avrebbe diffusi Boschi, nel frattempo passato – secondo le spie fasciste – nelle file libertarie. Ma la figlia Siria sottolinea che ciò non può essere vero, perché suo padre restò sempre comunista. Il venti novembre del ’38 la foto di Alfredo compare sul Bollettino delle ricerche e nel ’39 viene confermata la sua iscrizione nella Rubrica di frontiera. Rimasto in Francia, dopo lo scoppio della guerra mondiale, il comunista massetano partecipa alla lotta di liberazione, nelle file dei “Francs-tireurs-partisans”, insieme alla figlia Siria e al genero Maxime Concordet (un socialista di sinistra, della tendenza di Guérin e Pivert) (11). In Italia torna per qualche giorno nel ’46: una foto lo ritrae a Follonica, in “Piazza del monumento”. Rientrato in Francia, Alfredo si spenge a Issoire-Le-Broc nel ’52.
Note
1)I socialisti follonichesi espressero così le loro condoglianze ad Alfredo Boschi per la morte del padre Sabatino, avvenuta nel marzo del ’16: “Al compagno carissimo Boschi Alfredo, che è stato colpito da una grave sciagura colla morte del suo amato padre, le sezioni del partito inviano l’espressione sincera del loro profondo cordoglio” (Follonica, Il risveglio, n.13, 26 mar. 1916).

2)La Federazione giovanile socialista grossetano ebbe la propria sede a Massa Marittima fino al 1915. Egisto Zannerini, che ne fu segretario nel 1907, era nato a Massa Marittima nel 1888. Molestato dai fascisti, si rifugiò a Orbassano (Torino), dove rimase fino alla morte, che lo colse nel 1973. Nel ’43 aveva ripreso il suo posto nelle file socialiste e nel ’55 aveva pubblicato, a Torino, una raccolta di poesie (Zannerini, Egisto. Poesie socialiste, Torino: Camera del lavoro, 1955).

3)Angiolino Tufacchi cominciò a fare lo “sceglitore” del minerale quando aveva undici anni.

4)Pierino Pierini nacque a Castelnuovo Val di Cecina (Pisa) il quattro febbraio 1887. Il suo babbo si chiamava Giuseppe, la mamma Angiolina Guiducci. Muratore (e, poi, piccolo imprenditore edile), si trasferì a Follonica nel 1905. Segnalato dal Ministero dell’Interno il tre marzo 1906 perché era “in corrispondenza con il Comitato centrale della Federazione giovanile socialista a scopo specialmente di propaganda antimilitarista”, fu eletto consigliere comunale nel 1920. Presidente dell’Assistenza pubblica – Croce verde di Follonica, fu aggredito dai fascisti, che cercarono di entrare nella sua abitazione, e venne costretto a dimettersi dai suoi incarichi, insieme ai compagni di fede Gino Spagnesi, Teofilo Tosi e Gio. Batta Santini. Il ventiquattro gennaio 1925 il questore di Grosseto Vincenzo Mendaro chiese alla Tenenza dei carabinieri di Massa Marittima le “complete generalità, professione, condizioni di famiglia e domicilio” del Pierini, insieme a “precise informazioni sulla condotta morale e specialmente politica”. Dopo aver sottolineato che il Pierini era abbonato all’“Avanti!”, il questore ordinava al comandante dei carabinieri di Massa di disporre su di lui una “conveniente vigilanza e qualora lo ritenga opportuno fare accertare con perquisizioni saltuarie di sorpresa se risulti in possesso di armi e di documenti di propaganda sovversiva segnalando ogni rilievo cui avesse in seguito a dare luogo ed il suo eventuale allontanamento dal Comune”. Pierino Pierini morì a Follonica il sette giugno 1928, a soli 41 anni (Gli amici della Biblioteca. Il mi’ paese è libero…, cit., p.11; Questura di Grosseto, b.465, ASG ).

5)Il convegno venne organizzato dall’anarchico Baldo Cavalli e dal massimalista Sabatino Rosa.

6)Tra i follonichesi, che subirono i soprusi e le violenze degli squadristi, ricordiamo Gino Spagnesi, Vasco Sacchetti, Pierino Pierini, Milton Bartoli, ferito gravemente al torace da un colpo di pistola, Agostino Innocenti, Goffredo Chiappelli, Tebaldo Faelli, Giuseppe Manzo, Gino Bencini e Bruno Venturini.

7)Iscritto al P.S.I., Giulio Guelfi aveva fatto parte dell’Amministrazione comunale di Cascina, prima di espatriare nel ’22. Suo figlio Ideale era nato a Pisa il trenta giugno 1910. Volontario nelle Brigate internazionali, venne ferito gravemente in Spagna. Internato nei campi francesi, fu poi consegnato ai fascisti italiani e mandato al confino, dove rimase fino alla caduta di Mussolini (Guelfi, Ideale. Alcuni dei tanti crimini fascisti degli anni Venti, in: Ora e sempre: resistenza: 50 anni di storia: testimonianze dei protagonisti e documenti / a cura di Lionello Diomelli, [Pisa]: Provincia di Pisa; Associazione nazionale partigiani d’Italia, 1995, p.25-26; La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939…, cit., p.240).

8)Carmine De Caro partecipò alla fondazione della Frazione bordighista a Pantin, nel ’28. Rientrato in Italia nel ’30, venne arrestato e confinato fino al ’32. Confinato di nuovo nel ’33, fu perseguitato dai fascisti fino alla morte, che lo colse a poco più di 40 anni.

9)Comunista dissidente, Enrico Crespi fece da testimone alle nozze fra Siria Boschi e Maxime Concordet. Volontario in Spagna, si arruolò nella 29ª divisione del P.O.U.M. Simpatizzante del gruppo trotskista “Le Soviet”, fondato a Barcellona da Virginia Gervasini, da Nicola Di Bartolomeo e da Cristofano Salvini, venne arrestato dagli stalinisti dopo i fatti di maggio del ’37 e restò per molto tempo nelle carceri della Spagna repubblicana. Internato nel terribile campo francese di Argelès, aderì al movimento anarchico e fece parte del gruppo “Libertà o morte”.

10)Mazzino Chiesa nacque a Livorno l’undici novembre 1908. Iscrittosi al P.C.d’I., svolse un’intensa attività sovversiva sulle navi, dove lavorava come marittimo. Collegato al Comitato centrale sindacale di Milano (di tendenza comunista), subì, il diciotto settembre 1926, una perquisizione domiciliare, che si concluse con il sequestro di molte centinaia di francobolli di propaganda comunista. Schedato il venti novembre 1926, fu segnalato per la propaganda antifascista, che faceva tra i giovani livornesi della barriera Garibaldi. Quantunque fosse attentamente sorvegliato, riuscì a imbarcarsi clandestinamente a Livorno, nel giugno del ’31, su un rimorchiatore, che faceva rotta verso la Corsica. Denunziato per l’espatrio illegale ed incluso nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche, venne condannato, il dieci dicembre 1931, a un mese di carcere per aver aggredito a Bastia il fascista Sebastiano Patania. Spostatosi a Parigi, fu inserito nelle liste degli attentatori il tredici maggio 1933. Trasferitosi in Algeria nel ’34, partecipò al Congresso antifascista, che si tenne a Bruxelles nell’ottobre del ’35.
Presente a Marsiglia nell’estate del ’36, fece parte di un Comitato di solidarietà con la Spagna repubblicana, composto da Carlo Alberto Bartolena, Emilio Strafelini, Giuseppe Fusero, Cesare Giorgi e Ovidio Pessi. Giunto a Barcellona al principio di agosto, si aggregò alla Colonna Italiana e combatté a Monte Pelato, poi passò nelle file del Battaglione Garibaldi e fece a lungo il corriere tra la Spagna e la Francia con il compito di arruolare nuovi volontari. Lasciata la penisola iberica nel febbraio del ’39, venne internato ad Argelès, da dove scrisse alla madre: “Carissima mamma, da qualche giorno mi trovo in questo paese insieme a Ninì [il fratello Oberdan, fucilato dai nazisti sulla spiaggia di Rosignano Solvay]. Presto ti manderò il mio indirizzo. Baci. Mazzino. Argelès, 8 febbraio 1939”. Rilasciato, si trasferì a Tunisi in aprile, ma, sospettato di non essere estraneo all’attentato, messo in atto contro il Dopolavoro fascista di Bab el Khada, venne espulso dalla colonia francese. Di nuovo a Marsiglia, fu arrestato per “violazione di decreto di espulsione” e rimase in carcere per sei mesi, prima di recarsi, via mare, ad Atene, dov’era ancora nel ’42 (ACS, Roma, CPC, b.1302, fasc.49890).

11)Maxime Concordet era nato a Le Broc il 15 maggio 1905, faceva l’apicoltore e militava nelle file socialiste. Durante la guerra civile spagnola lavorò “molto per cercare dei soldi per la Spagna”, poi partecipò alla Resistenza e dopo la liberazione divenne sindaco di Le Broc.

( Da Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola F.Bucci, S.Carolini e altri)