Vittorio Alunno

Nasce a Grosseto il ventisette agosto 1912. Il padre si chiama Giuseppe (1), è originario di Cortona e fa il badilante. La madre, Palmina Mari (2), proviene da una famiglia di contadini, ha nove fratelli e sorelle (3) e fa la casalinga. Il dieci luglio del ‘15 nasce Natalina (4), la seconda figlia della coppia, poi la “spagnola” uccide Palmina e Giuseppe si risposa con Annunziata Duchini (5), dalla quale avrà quattro figli: i gemelli Guerrino e Marino (che morirà a sei anni) (6) e, dopo di loro, Armando e Enzo (7).

Nel ‘27, quando vede la luce Enzo, Vittorio ha già lasciato le elementari (dopo aver concluso bene la sesta classe) e fa il carraio dal Giannini, in via dei Mille, o presta la sua opera alla manutenzione dei fossi, insieme a Quinto Fei, che è più vecchio di lui di sette o otto anni, a Erino Venturini (8), a Ottavio Giorgini (9) e ad altri operai grossetani. Racconta il fratello Guerrino: “Ha lavorato nel Grossetano, a San Donato, al Chiarone, i badilanti si spostavano in bicicletta… e stavano là tutta la settimana. Dormivano nelle stalle, nei fienili, ha fatto una vita disagiata…” D’estate Vittorio va a trebbiare nella tenuta dei Porciatti a San Lorenzo, dove un suo zio materno, Faustino Mari, è mezzadro (o colono) e dove spesso lavora suo fratello Guerrino. A Grosseto lo chiamano “il mozzo”, perché è di bassa statura, come suo padre.

Gli Alunno sono tutti antifascisti e il padre ricorda qualche volta ai figli più grandi le agitazioni operaie e bracciantili del dopoguerra, quando i padroni erano costretti a trattare con i sindacati di classe. L’atmosfera politica, che si respira in famiglia, alimenta l’ostilità di Vittorio per il regime di Mussolini, le discussioni con i compagni di lavoro – braccianti e terrazzieri spesso più anziani di lui, che non hanno dimenticato le lotte del primo Novecento e l’illegalismo sovversivo – lo spingono verso il comunismo, che in quegli anni sembra l’unica speranza per le classi subalterne e diseredate. In casa sua, per altro, nessuno sa con precisione chi frequenti, perché in queste cose è molto riservato, anche se ogni tanto sbotta contro i fascisti e i padroni, esprimendo, senza tanti giri di parole, quello che pensa.

Nel luglio del ‘36 i generali Sanjurjo, Franco e Mola si ribellano al governo repubblicano, è l’inizio della guerra civile spagnola. Nella penisola iberica accorrono gli antifascisti di tutto il mondo, dai “tedeschi rossi” ai francesi, dai romeni ai cubani, dagli ungheresi agli albanesi (10), dagli abissini ai cinesi… I primi esuli italiani, che partono per Barcellona, sono anarchici, trotskisti, giellisti, bordighisti, massimalisti e repubblicani. Le motivazioni, che li animano, sono diverse. C’è chi valica i Pirenei per sconfiggere Franco e prendere parte alla rivoluzione, che è scoppiata in Catalogna, con collettivizzazioni, socializzazioni, comitati operai e contadini, c’è chi va in Spagna “semplicemente” per difendere la democrazia, minacciata dalla barbarie, e dimostrare, armi alla mano, che l’antifascismo non è morto.
Le notizie, che arrivano dal “Sud latino”, suscitano emozioni e entusiasmi a Grosseto: con grande cautela gli antifascisti locali si danno appuntamento – in tre o quattro per volta – nel negozio del Belardi e nelle capanne, dislocate lungo i Viali Pisani, per mettere a punto un “piano”, che agevoli l’espatrio clandestino dei compagni, disposti ad andare in Spagna per lottare contro l’idra fascista. Agli incontri – coperti da strettissimo riserbo – partecipano i comunisti Ilario Cannoni (11), Aristeo Banchi, Vannino Vannini, Eugenio Gentili, Guido Vannozzi, Giuseppe Guidotti, Corrado Fedi e Federigo Montecchi, il sovversivo Marino Moroni, l’ex anarchico Amedeo Pecci e il repubblicano Mario Moneti. Il primo tentativo di raggiungere la Spagna (12) – siamo nell’agosto del ‘37 – lo fanno Vittorio Alunno, Angiolo Rossi, Luigi Amadei, Pietro Aureli e Italiano Giagnoni. Amadei è un antifascista senza etichette, che simpatizza per il Fronte popolare, Alunno e Rossi sono comunisti, Aureli e Giagnoni anarchici. Giagnoni ha alle spalle una vita tribolata: pluridisertore nella prima guerra mondiale (era nella banda del “Prete”, insieme a Giuseppe Maggiori, a Luigi Persi e a Chiaro Mori), è stato condannato all’ergastolo ed è rimasto in carcere per molti anni. La galera non l’ha fiaccato e nel ‘30 ha cercato di evadere dalla prigione, che è l’Italia fascista, partendo dalla spiaggia di Follonica su una barchetta. Il guscio, però, è naufragato davanti all’isola d’Elba e l’anarchico è stato arrestato, insieme a un certo Pini, suo compagno d’avventura. Aureli fa il pescatore a Talamone, ma spesso frequenta Grosseto. Uomo esperto di mare, è lui a comprare la barca che servirà all’espatrio, con i soldi sottoscritti dagli antifascisti maremmani.

A fine agosto tutto è pronto e Alunno e i suoi quattro compagni attraversano il braccio di mare, che separa Castiglione della Pescaia dalla Corsica, senza inconvenienti, se si eccettua il tentativo di un guardacoste francese, in prossimità di Capo Corso, di farli tornare indietro, minacciando di speronare l’imbarcazione. “Mercoledì scorso, alle ore 15, – scriverà ai primi di settembre “La voce degli italiani”, il quotidiano antifascista che esce a Parigi – una barca entrava nel porto di Macinaggio. Essa aveva a bordo cinque italiani, uno di cinquanta anni e gli altri giovanissimi, che dichiararono d’aver fuggito d’Italia perché non potevano continuare a vivere in un paese dove regna un terrore inaudito. La barca è di proprietà di uno dei fuggiaschi. Malgrado ciò essa è stata sequestrata dalle autorità di Macinaggio. I cinque italiani sono stati arrestati e, la sera stessa del loro arrivo, sono stati trasportati a Bastia, in una automobile della locale gendarmeria. Dopo un breve interrogatorio fatto dal signor Roques, commissario speciale, essi sono stati rilasciati, ma rimangono a disposizione della polizia, in attesa di istruzioni superiori. Al corrispondente della ‘Voce’ i cinque fuggiaschi, che non hanno un centesimo in tasca, hanno dichiarato di essere degli antifascisti”.

Respinti gli inviti delle autorità locali ad arruolarsi nella Legione straniera (cinque anni dopo avranno – si assicura loro – la cittadinanza francese), i profughi firmano un contratto con un un imprenditore di carbone per tagliare un’assegna di macchia, vicino ad Ajaccio. Il salario è infimo, ma, dopo qualche giorno, i fuggiaschi riescono a collegarsi con il P.C.d’I. grazie a un comunista corso, che, nel ‘20, ha preso parte alla rivolta di Marty nel Mar Nero (13). Il primo a trasferirsi in Francia è Rossi, che incontra a Parigi i dirigenti comunisti italiani e, dopo qualche laboriosa verifica, viene mandato ad Albacete, la principale base spagnola delle Brigate internazionali. Qui lo raggiungono Aureli, Amadei e Alunno e tutti insieme si arruolano nella Brigata Garibaldi. Soltanto Giagnoni, nonostante le reiterate proteste, è trattenuto in Francia, perché non è quasi cieco da un occhio. Prima di varcare i Pirenei, Alunno ha spedito alla mamma – per tranquilizzarla – una cartolina illustrata di Marsiglia, con la veduta di “Notre-Dame de la Garde, vue du Pont trasbordeur”, dove si legge: “Saluti a voi e fratelli. Vostro figlio Vittorio, 25 ottobre 1937”.

Due mesi più tardi i fascisti grossetani vengono informati del suo espatrio. Una serie di documenti – stilati da Vittorio e consegnati alla Federazione fascista di Grosseto – confermano agli “schiavisti” che Alunno è un pericoloso sovversivo, che era in contatto “con numerosi altri elementi della sua risma sia in Grosseto che altrove. Nelle carte infatti si trovano elencati nomi ed indirizzi di persone di Grosseto e di Pisa, nonché cifre e lettere, che danno l’impressione di scritti cifrati. I documenti in parola sono poesie e brani apologetici dell’anarchia e del comunismo, inneggianti al trionfo finale dell’ideale rivoluzionario bolscevico contro il nostro regime fascista. Le date che appaiono nei suddetti documenti sono abbastanza recenti, giacché risalgono alla seconda metà del ‘36”. Fra quei fogli ci sono versi e prose sovversive, che “il Mozzo” – uomo amante della poesia e delle buone letture – aveva fatto copiare da un amico, il barbiere Rino Capperucci (14). Uno dei brani si intitola “Negazione”.

Il venti dicembre 1937 un grossetano riferisce alle autorità che Alunno, Rossi e Amadei “si sarebbero incontrati più volte presso comuni datori di lavoro o nelle medesime lavorazioni. Nella primavera ultima decorsa ad esempio si ritiene che il Mozzo ed il Romagnolo [Amadei] siano stati compagni di lavoro nella tenuta di San Donato (Albinia) presso i proprietari signori fratelli Pellegatti o forse presso la ditta A. Morganti, esecutrice della costruzione del noto Bacino di irrigazione di San Donato e Doganella. Nella decorsa estate inequivocabilmente e precisamente dalla prima decade di luglio alla seconda di agosto hanno lavorato insieme alla trebbiatura di cereali nella tenuta di San Lorenzo dei signori dott. Giulio e dott. Gino Porciatti. Il Rossi Antonio [Angelo] in qualità di aiuto fuochista alle dipendenze dell’Amministrazione; il Romagnolo, Amedei [Amadei] Luigi, come lollaiolo avventizio alle dirette dipendenze dei coloni Piccioli Natale, Dragoni Domenico, Mari Agostino, Duchini Faustino e Ricci Ferdinando, dal quale albergò per l’intiero periodo della tribbiatura; il Mozzo, Alunni [Alunno] Vittorio, in qualità di garzone presso il suo zio Mari Agostino, colono del Podere S. Lorenzo, dell’omonima tenuta dei signori Porciatti. Nei riguardi personali dei soggetti in esame posso francamente dichiarare: 1º che il Rossi Antonio meritò sempre la nostra considerazione per la buona linea di condotta e per la serietà non comune nei giovani elementi e per l’assiduità del lavoro; 2º che l’Amedei [Amadei] Luigi poco conosciuto si rivelò buono lavoratore e non diede motivi di lagnanze; 3º che l’Alunni [Alunno] Vittorio, contrariamente al contegno rispettoso e dimesso che manifestò nei precedenti periodi di garzonato presso lo zio Mari Faustino, nella decorsa estate ebbe un contegno altezzoso e delle espressioni poco riguardose verso il Regime. Di tanto errore fu immediatamente redarguito e minacciato di espulsione dal lavoro dal sotto agente Turra Giulio incaricato della direzione dei lavori e della sorveglianza delle aie”.

L’autore della missiva si dice convinto che “nel capoluogo od a poca distanza” vi siano “delle cellule” e “dei focolai di infezione bolscevica” che “in ogni modo bisogna fiutare, scavare e abbattere”.
Il trenta dicembre 1937, alle sei di mattina, la forza pubblica mette a soqquadro l’abitazione grossetana degli Alunno e vi rinviene la cartolina, che Vittorio aveva indirizzato, da Marsiglia, “alla Signora Alunno Annunziata, Case sfrattati, Grosseto, Toscana, Italia”. Nelle stesse ore vengono vanamente perquisite le case degli zii di Vittorio, Clorinda Mari, in Via Aurelia Sud, n.31, Faustino Mari, nella Tenuta di San Lorenzo, e Dante Mari, a Orbetello, podere Teva, della sorella Natalina a Orbetello, in via Gioberti, 19, e di un suo compagno di fatica, Ottavio Giorgini, a Grosseto, in Via Colombo, 13.

Verso la fine del ‘37 Vittorio, dopo essersi guadagnato il grado di sergente, combattendo in prima linea con la Brigata Garibaldi, dopo un breve addestramento ad Albacete, viene ferito ed è ricoverato in ospedale, dove viene operato. Guarito in qualche settimana, riprende, nell’ultimo scorcio del mese di gennaio del ‘38, il suo posto nella Brigata, in Estremadura. La sua vicenda, però, si avvia ormai al termine e il diciassette febbraio il “Mozzo” cade a Campillo, sotto il fuoco dei franchisti. “I Garibaldini – scriverà Jacques Delperrie de Bayac in un eccellente libro dedicato agli internazionali – contrattaccano. Vengono uccisi il luogotenente Antonio Mambrin, Luigi Regaldo (15), Duilio Barbaglia – il capo della batteria anticarro (16). Ucciso il capitano Cauto, il sergente Vittorio Alunni che aveva raggiunto la Corsica in barca per venire a combattere in Spagna nelle file dei Garibaldini. Il capitano Mario Traverso, ferito a una gamba, catturato dal nemico, è finito a colpi di baionetta” (17). Traverso – “il papà dei garibaldini” – (18) aveva quasi cinquant’anni. Poeta e drammaturgo, nel ‘25 aveva dato alle stampe a Parigi, per i tipi del Gruppo Pietro Gori (19), l’opuscolo “Due giubilei (XXIX luglio MCM)”. La pubblicazione, in versi, era dedicata al “messo dei caduti di Milano”, Gaetano Bresci, e recava una premessa inequivocabile: “Uccidere il re è il primo dovere del cittadino”.

Note

1)Giuseppe Alunno nacque a Cortona nel 1881 e morì a Grosseto nel 1932.

2)Palmina Mari era figlia di Alessandro e di Maria Innocentini.

3)Una sorella di Palmina Mari si chiamava Clorinda, era nata a Montepulciano il quattordici marzo 1880 e risiedeva, nel ‘37, in via Aurelia sud, n.31, a Grosseto. Un fratello di Palmina si chiamava Faustino ed era nato il quindici agosto 1887 a Montepulciano. Nel ‘37 abitava a Grosseto, nella tenuta San Lorenzo dei Porciatti. Un altro fratello si chiamava Dante e risiedeva, nel ‘37, a Orbetello, località Le piane, Podere Teva.

4)Natalina Alunno, che era molto legata al fratello, di cui condivideva le idee sovversive, morì il 17 giugno 1984.

5)Figlia di Santi e di Agnese Carletti, Annunziata Duchini nacque a Chianciano (Siena) il ventidue maggio 1886 e morì a Grosseto il tredici novembre 1966.

6)I gemelli Guerrino e Marino Alunno nacquero a Grosseto il nove ottobre 1919.

7)Armando Alunno venne alla luce il sette settembre 1924. Enzo Alunno nacque il trenta marzo 1927 e morì nel marzo del 1946.

8)Erino Venturini nacque a Grosseto l’otto luglio 1914.

9)Ottavio Giorgini nacque a Camugnano (Bologna) il diciassette aprile 1910.

10)Fra gli albanesi, che combatterono contro Franco, ricordiamo l’“antizogista” Mulusi Spahi, che venne internato al Vernet nel ‘39, Luarasi Skender, internato a Saint-Cyprien, a Gurs e al Vernet, e il comunista Mehmet Shehu, internato al Vernet.

11)Figlio di Savino e di Isolina Visani, Ilario Cannoni nacque a Grosseto il diciannove febbraio 1909. Meccanico di mestiere, abitava in via C. Battisti, 28, e professava idee comuniste. Nella notte dal due al tre settembre 1938 venne arrestato alla foce dell’Ombrone, insieme a Giuseppe Guidotti, a Cavallotti Fedi e a Federigo Montecchi, mentre tentava di emigrare clandestinamente in Corsica con una barca a vela. Denunziato il quattordici settembre “per espatrio clandestino da motivi politici”, fu condannato, il due febbraio 1939, a sei mesi di reclusione e a 3000 lire di multa dal Tribunale di Grosseto. Il tredici aprile dello stesso anno venne fermato insieme al Fedi e al Montecchi, perché sospettato di svolgere attività sovversiva e propaganda antimilitarista. Rimesso in libertà, fu nuovamente incarcerato il ventinove settembre 1939, perché doveva scontare la pena, alla quale era stato condannato il due febbraio precedente. Cannoni si spense a Grosseto il tredici ottobre 1949 e la Federazione provinciale comunista fece stampare il seguente necrologio: “Partito comunista italiano. Federazione provinciale. Grosseto. Stamane, dopo breve malattia, cessava di vivere il compagno Cannoni Ilario di anni 40. I compagni e le compagne sono invitate a intervenire al trasporto. I funerali in forma civile avranno luogo domani 14 c.m. alle ore 16,30, partendo dalla abitazione dell’estinto Via Cesare Battisti 90. Grosseto, 13 ottobre 1949. Tip. “Eco della Maremma””.

12)Dopo l’espatrio di Alunno, Amadei, Aureli, Giagnoni e Rossi, un altro tentativo di raggiungere la Corsica, partendo dal litorale castiglionese, fu effettuato, nell’autunno del ‘37, da Ilario Cannoni, da Guido Vannozzi, da Mario Moneti e da “qualche altro comunista”, ma il vento spezzò l’albero e l’imbarcazione venne intercettata dalla guardia di finanza nelle vicinanze dell’isola d’Elba e sequestrata. Qualche tempo dopo Amedeo Pecci, Ilario Cannoni, Guido Vannozzi e “altri due comunisti grossetani” si recarono a Piombino, convinti che dalla città siderurgica fosse più facile andare in Corsica, ma l’attenta sorveglianza poliziesca e la presenza di numerose spie li indussero a desistere.

L’ultimo tentativo di raggiungere la Spagna, passando per la Corsica, venne compiuto da Giuseppe Guidotti (nato a Fucecchio il tredici febbraio 1903), Ilario Cannoni, Corrado (o Cavallotti) Fedi (nato a Grosseto l’otto novembre 1907) e Federigo Montecchi (nato a Monte San Savino il tre novembre 1906) la notte dal due al tre settembre del ‘38 e fallì a causa del tradimento di un certo Biagianti, che, dopo aver promesso di accompagnare i quattro comunisti fino all’isola francese, “ritenne opportuno informare il Federale” di quello che stava per accadere, “e per ordine del medesimo” la polizia, che, “nella sera del tre settembre stabilita per l’espatrio, sorprese” Guidotti e i suoi compagni, “mentre su di una barca a vela condotta dal Biagianti si avvicinavano alla foce del fiume Ombrone” e li trasse in arresto. Accusati di “avere in concorso fra loro senza essere muniti di passaporto o di altro documento equipollente e per motivi politici tentato di espatriare”, i quattro vennero condannati, il due febbraio 1939, a sei mesi di arresto e a 3000 lire di ammenda (Banchi, Aristeo. Si va pel mondo…, cit., p.72-75; ATG, Tribunale penale di Grosseto. Sentenza n.10, 2 febbraio 1939; Vignali, Marcella. La Resistenza in provincia di Grosseto, cit., vol.2, p.27, 30, 38-39).

13)Su Marty e sulla rivolta del Mar Nero: Marty, André. Il caso Marty: (conflitto di due politiche), Milano: Schwarz, 1955.

14)Il barbiere Rino Capperucci nacque a Grosseto il 25 ottobre 1916. Fermato nel gennaio del ‘38, fu sottoposto a perquisizione personale e domiciliare “con esito infruttuoso”. Successivamente interrogato, ammise di aver copiato per Vittorio Alunno alcune poesie e “brani di prosa di carattere sovversivo”. Secondo le forze dell’ordine, il Capperucci “pel passato soleva accompagnarsi ad elementi sovversivi, frequentando in special modo le compagnie degli espatriati Alunno Vittorio e Rossi Angelo, i quali erano clienti della bottega di parrucchiere di via San Martino n.1”. Al principio del ‘37 aveva, però, cessato di incontrarli. Nonostante ciò, le autorità intendevano di diffidarlo.

15)Antonio Mambrin nacque a Montagnana (Padova) il cinque dicembre 1898. Contadino, di convinzioni comuniste, emigrò in Francia nel ‘26. Entrato in Spagna nell’agosto del ‘36, fece parte della Centuria Sozzi e del Battaglione Garibaldi e venne ferito a Casa de Campo il 21 novembre 1936. Passato nella Brigata Garibaldi, combattè a Brunete, a Farlete e a Fuentes de Ebro, prima di cadere a Campillo, insieme a Vittorio Alunno. Luigi Regaldo valicò i Pirenei nel dicembre del ‘36 e si arruolò nel primo battaglione della Brigata Garibaldi.

16)Duilio Barbagli nacque a Arezzo il cinque novembre 1904. Operaio, si iscrisse al P.C.I. nel ‘21 e si oppose agli squadristi, prima di emigrare in Francia, dove si stabilì a Agen (Lot-et-Garonne), insieme alla moglie Rina Rossi. Nel maggio del ‘37 raggiunse la Spagna e si arruolò nella Brigata Garibaldi. In seguito fu promosso tenente di artiglieria ed ebbe il comando della batteria anti tanks, della quale facevano parte Hans Comisko (?), John Smith, Attilio Salemme, Natale Tomasini, Agostino Bet, Jean Payet e altri antifascisti. Dopo la sua morte, “La voce degli italiani” pubblicò il seguente necrologio “Militava da lunghi anni, malgrado la giovane età, nel movimento operaio. In Italia aveva partecipato alla lotta contro il fascismo, in prima fila, accanto ai migliori militanti della classe operaia della sua Toscana. In quella lotta ha visto cadere un fratello sotto i colpi delle squadracce fasciste. Venuto in Francia, Duilio Barbaglia continuò la lotta. Abitava ad Agen, e tutti lo conoscevano e lo stimavano per la sua attività e per la sua devozione illimitata alla causa del popolo. Apparteneva alle file del Partito comunista e non volle essere assente dalla lotta eroica che combatte il popolo spagnolo contro le truppe d’invasione di Mussolini e di Hitler. Nel maggio 1937 accorse ad offrire il suo braccio sotto la bandiera della brigata Garibaldi. Dal giorno del suo arrivo in Spagna, prese parte a tutte le azioni della nostra brigata. La sua intelligenza, il suo spirito d’abnegazione, il suo valore gli valsero ben presto la stima e la considerazione dei suoi superiori e Duilio Barbagla venne nominato tenente d’artiglieria Il sedici febbraio 1938, sul fronte di Estremadura, dove operava la batteria, cadeva colpito a morte. Duilio Barbaglia ha lasciato la moglie e due bambini. Il suo nome è inserito nell’albo d’onore degli eroi del popolo italiano” (Duilio Barbaglia, La voce degli italiani, 28 lug. 1938; ACVS, Roma, CPC, b.316, fasc.134954).

17)Delperrie de Bayac, Jacques. Les Brigades internationales, cit., p.330. “Mentre i nostri si ritirano sull’Aguila, il capitano Mario Traverso, ferito ad una gamba, è catturato dal nemico. Nel generoso tentativo di liberarlo, muoiono Angelo Neri ed Eraldo Venezia. Le belve fasciste uccidono a colpi di baionetta il nostro amato Traverso. Il garibaldino Roberto Zanelli torna indietro per vendicarlo. Scaglia tutte le sue bombe a mano contro gli assassini: ne uccide due, ma anch’egli finisce nelle mani del nemico… Subiamo altre gravi perdite: il capitano Cauto, il sergente Vittorio Alunni che aveva raggiunto la Corsica in barca, per venire dall’Italia a combattere con i garibaldini, Adelmo Arbizzani, il tenente della batteria anticarro Duilio Barbaglia e il tenente Luigi Regaldo” (Calandrone, Giacomo. La Spagna brucia: cronache garibaldine, Roma: Editori riuniti, 1962, p.250-251).

18)Mario Traverso fu più volte calunniato – come accadde a Hugo Rolland, a Enzo Fantozzi e ad Alberto Meschi (e, dopo di loro, a Camillo Berneri e a Auro d’Arcola) – sui giornali pubblicati in Francia da Paolo Schicchi, l’anarchico siciliano inopportunamente qualificato, anche di recente, da alcuni apologeti come “figura leggendaria dell’anarchismo”. Nel ‘25 Traverso scrisse dello Schicchi: “Quando mi dissero la prima volta: Schicchi è un furfante, lessi “Il picconiere”. Quando lessi la prima volta “Il picconiere”, dissi: “Schicchi è un furfante”. Oh! Schicchi! Quale insana fantasia t’assale, che inclitamente coll’audacia d’Aiace, brandendo il picconiere, t’avventi, come pazzo furioso, sui compagni e sciorinando l’essenza oscena del tuo vocabolario apri la stura al manicomio delle tue idee e sporchi, imbratti, insudici dove non puoi demolire?…” (Traverso, Mario. Così non fu di noi!, Polemiche nostre a proposito della questione garibaldina, Parigi, 22 ago. 1925).

19)L’anarchico Hugo Rolland ha ricordato così la fondazione del Gruppo Pietro Gori a Parigi nel ‘25: ”Man mano che ognuno di noi ed altri tra i nuovi arrivati mettevan radici nel suolo francese, più imperioso si sentiva il bisogno di formare dei gruppi che lanciassero iniziative e si assumessero la responsabilità. Nacque il gruppo Pietro Gori. Tra gli iniziatori: Meschi, Borghi, la D’Andrea, Fantozzi, Diotallevi, Rafuzzi e Abate con il forte contingente anconetano, Cecili Raniero, Amedeo Roccheggiani, Remo e Silvio Franchini… Il gruppo intraprese un vasto lavoro di propaganda per tener vivo lo spirito antifascista tra i fuorusciti…” (Rolland, Hugo. Il tradimento di Ricciotti Garibaldi, Firenze, 1968, p.16).

Tratto da ” Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola” di Fausto Bucci, Simonetta Carolini, Andrea Tozzi e Rodolfo Bugiani.

 

APPENDICE

L’ ESPATRIO DI VITTORIO ALUNNO.

“R: Prefettura di Grosseto
Grosseto, 13 dicembre 1937

Oggetto: Giagnoni Italiano fu Filippo e fu Dei Ezzelina, nato il 20 novembre 1888 a Massa Marittima…

On: Ministero dell’Interno
Direzione generale della P.S.
Casellario politico centrale
Roma

e p.c. alle LL:EE: Prefetti Livorno Firenze Imperia

Con riferimento alla lettera suindicata diretta a questo ufficio e per conoscenza  alle RR. Prefetture di  Livorno e Firenze pregiomi comunicare che giusta segnalazione del Commissariato di P.S. di confine di Ventimiglia, il sottoscritto è stato il 21 novembre u.s. fermato colà perché proveniente dalla Francia sprovvisto di passaporto e di mezzi. Per questo motivo è stata chiesta la revoca dell’iscrizione del Giagnoni in Rubrica di frontiera, che questo ufficio aveva chiesto sin dal 27 ottobre u.s. Attualmente il predetto trovasi detenuto a Ventimiglia per essere da quella R. Questura denunziato per espatrio clandestino. Si ritiene che l’espatrio sia stato causato da motivi politici perché il Giagnoni, di idee comuniste, inviò da Bastia a un conoscente, che risiede in questa giurisdizione, una cartolina con la dicitura: “Ricevete i più sinceri ed affettuosi saluti e augurandovi tante buone cose anima e corpo risanato il cieco va cercando la vista”. La frase “anima e corpo risanato il cieco va cercando la vista” da lui usata in relazione ai suoi precedenti di sovversivo fa ritenere, come si è detto che l’espatrio sia stato determinato da motivi politici. Il Commissariato P.S. di confine al Ponte S. Luigi ha comunicato che è stato richiesto il predetto nulla osta di cotesto on. Ministero per la denuncia.

Il Giagnoni, a soddisfatta giustizia, sarà tradotto qui, dovendo essere interrogato sulle vicende e modalità dell’espatrio. Intanto, dalle indagini fatte esperire, è risultato che il Loffredo Genesio ha percepito dall’Aureli Pietro, ambedue già oggetto di precorsa corrispondenza, la somma di lire 900 all’atto della consegna della barca. Il Loffredo, opportunamente interrogato, ha dichiarato di avere riferito con ritardo tale circostanza per esimersi da una contravvenzione a suo carico da parte dell’autorità marittima di Porto S. Stefano, in dipendenza della vendita effettuata della barca senza averne denunciato il passaggio di proprietà. Questo ufficio ha disposto che la contravvenzione venga ugualmente elevata.

Il prefetto Trotta

 

LA PERQUISIZIONE DELL’ABITAZIONE DI VITTORIO ALUNNO

L’anno millenovecento 37 XVI il giorno 30 del mese di dicembre in Grosseto Noi sottoscritti funzionari di P.S. ed agenti di P.S., per ordine del sig. Questore, abbiamo proceduto ad una perquisizione in casa di Duchini Annunziata, matrigna di Alunno Vittorio, abitante alle case degli Sfrattati, allo scopo di rinvenire materiale sovversivo e corrispondenza comunque sospetta specie con il nominato Alunno Vittorio, Rossi Angelo, Amadei Luigi.
Alla perquisizione ha assistito la stessa Duchini
Annunziata, che nulla ha saputo dire in merito all’attuale domicilio del figliastro. Si è rinvenuta soltanto una cartolina illustrata proveniente da Marsiglia in data 25 ottobre scorso, inviata dal predetto Alunno Vittorio, che, come è noto, è espatriato clandestinamente.

Proietti Mario agente P.S.
Caputto Mario agente P.S.
Daini Giuseppe Vice commissario agg. P.S.

 

GUERRINO ALUNNO: MIO FRATELLO VITTORIO

 

 
D.: Te però nel dopoguerra hai incontrato uno di quelli

che erano andati con loro, l’Amadei, no?
R.: Sì.
D: Che tipo era l’Amadei? Te lo volevo domandare, sono
venuto anche per quello…
R.: Un òmo abbastanza…, io l’ho visto in montagna. Una
volta ero a Casteldelpiano, a sede’ in una panchina, e ragionava questo Amadei con diversi, ma io un lo conoscevo, avevo visto prima che aveva sposato una ragazza, che lavorava dal Porciatti in San Lorenzo, e allora dicevano di questo Vittorio… allora io poi a un certo punto gli dissi: “Ma scusate…”     Sì? ”, dice. “Io, io so’ il su’ fratello”.

Allora poi mi riconobbe perché l’avevo [già] visto e mi disse che erano partiti con questa barca, erano andati a Bastia… e allora [Vittorio] da Bastia ci scrisse una cartolina a casa, una cartolina, la mi’ mamma, lei lo sapeva un po’…, poi venne la Questura.
D.: Volevano sequestrare la cartolina?
R.: Buttarono all’aria tutto, un casotto, e lì da
questa cartolina poi un ho saputo più niente e questo Amadei mi disse che lui era andato da Bastia, erano andati in Francia e in Spagna, al fronte… E lui [Vittorio] rimase ferito, a quello che ho saputo… L’Amadei poi ritornò lui, e lo trasportarono un pezzetto, perché c’era la ritirata, un so’ che città…
D.: Campillo
R.: E allora poi toccò lasciarlo perché un ce la
facevano a portarlo più, se no chiappavano anche loro, e allora fu lì che lui, per quanto, morì perché era ferito.
D.: Senti, ma l’Amadei dove lo incontrasti te?
R.: A Casteldelpiano.
D.: Ma lui rimase sempre qui in Maremma, l’Amadei,
dopo…
R.: Io penso che sia rimasto sempre qui…
D.: Quando l’avete saputo che Vittorio era morto?
R.: Noi s’è saputo che era morto nel ’38, ora non mi
ricordo, ma di questi anni qui, prima del ’40.
D.: Ma te eri in casa quando vennero a farvi la
perquisizione perché cercavano la cartolina ?
R.: Sì, sì, ero in casa con la mi’ mamma, i mi’
fratelli e s’era a letto, la mattina alle sei, venne la polizia e dissero: “Siamo la polizia” e allora la mi’ mamma: “Aspettate un momento”, e s’era a letto, e gli aprì e ruzzolarono tutto. Poi andiedero anche a casa del Mari, buttarono all’aria la casa anche a loro per cosà tutto…” 

PILADE ROTELLA. VITTORIO ALUNNO

Nessuno conosceva l’Alunno,  eppure nella mia città, dove tutti eravamo amici, era difficile non conoscerci. Difficile, soprattutto con quelli della mia generazione che, al sabato, si ritrovavano alla premilitare. Ma l’Alunno non veniva alla premilitare. Abitava fuori Porta Vecchia, in una casa d’operai, già operaio anche lui, malgrado fosse giovanissimo. Quando cominciammo a parlare, sottovoce, di lui, qualcuno disse che era un ragazzo serio, poco comunicativo, quasi sospettoso. Sapemmo anche, ma ripeto che chi ne parlava lo faceva soltanto con gli amici e con cautela, che l’Alunno passava lunghe ore in fiumara, insieme con un amico, uno solo del quale nessuno pareva conoscere il nome. Quando cominciammo, comunque, a parlare di lui e del suo amico, fu perché l’Alunno era partito, con una barca rudimentalmente attrezzata, per la Corsica .

DOVE MORI’ VITTORIO ALUNNO

Pretura unificata di Bologna. Atto di notorietà 16 giugno 1951.


L’anno 1951 questo giorno di sabato 16 del mese di
giugno in Bologna nella residenza dell’intestata Pretura.
Avanti da noi dott. Mario Ranieri pretore, assistito
dal sottoscritto cancelliere sono personalmente comparsi i signori
1° Rossi Angelo di anni 35 nato e residente a Grosseto
2° Vanelli Lorenzo di anni 48 nato a Bologna ivi
residente
3° Trippa Giovanni di anni 43 nato a Medicina ivi
residente
4° Melli Giuseppe di anni 40, nato a Vergato e R
esidente a Bologna
Allo scopo di porre in essere il presente atto di
notorietà a richiesta di riguardanti il signor Alunno Vittorio:
…Quindi i testimoni stando in piedi prestano il
giuramento pronunciando le frasi: “Lo giuro”. Sotto il vincolo del prestato giuramento fanno la seguente dichiarazione:
“Possiamo attestare ed attestiamo, per essere notorio e
conforme a verità, che il signor Alunno Vittorio fu Giuseppe e fu Mari Palmina, nato a Grosseto il 27 agosto 1912, già ivi residente, morì in combattimento il 17 febbraio 1938 in Spagna sul fronte dell’Estremadura, nei pressi del paese di Campillo; che lo stesso signor Alunno Vittorio apparteneva quale soldato semplice alla 12ª Brigata “Giuseppe Garibaldi”, 4° Battaglione, inquadrata nelle Brigate Internazionali, alle dipendenze del Comando dell’esercito popolare della Repubblica Spagnola”.
Del che è redatto il presente verbale… Letto,
confermato e sottoscritto.
Fto Rossi Angelo
Fto Vanelli Lorenzo
Fto Trippa Giovanni
Fto Melli Giuseppe
Il pretore Fto Ranieri
Il cancelliere Fto Sestini