Adolfo Boschi

Nato all’Ardenza il 16 dicembre 1871, è per tutti “Amedeo”, nome con il quale firmerà sempre i suoi numerosi articoli. L’incontro con Pietro Gori nel 1887 lo porta all’anarchia e lo spinge ad abbandonare gli studi tecnici, per dedicarsi “a tutt’uomo” alla propaganda libertaria. Le condizioni agiate della sua famiglia gli permettono di aiutare i compagni e di finanziare le iniziative del movimento. Organizzatore, all’Ardenza, delle conferenze di Pietro Gori, di Eugenio Pellaco e di altri esponenti anarchici, conosce anche Errico Malatesta e Francesco Saverio Merlino.

Il primo maggio 1890 prende parte alle agitazioni, che hanno luogo a Livorno, e qualche mese dopo è accusato, insieme ad altri sette compagni, di un immaginario attentato contro un teatro di La Spezia. Vittima di una prima montatura poliziesca e dell’operato “implacabile” del giudice istruttore, è condannato a Genova l’8 ottobre 1890 a dieci mesi di galera e a un anno di sorveglianza speciale. Scarcerato l’otto dicembre 1892, partecipa alle proteste contro la repressione dei moti della Lunigiana e dei fasci siciliani e il 2 settembre 1894 è arrestato con Aristide Colli, Gino Plaisant e altri sovversivi livornesi e assegnato al domicilio coatto per un quadriennio. Deportato a Lipari il 2 ottobre 1894 (e poi a Tremiti e a Pantelleria), sperimenta i soprusi dei sorveglianti e le brutture delle “prigioni di transito”.

Tornato a Livorno alla fine del 1896, è rimandato al confino il 14 febbraio 1897 e tradotto a Lampedusa, dove resta fino all’aprile seguente. Di nuovo a Livorno, è vittima di una seconda e più grave provocazione poliziesca. Arrestato, insieme a quattro anarchici, dopo l’uccisione di due persone anziane a Borgo Cappuccini da parte di due elementi estranei alla politica, è condannato in primo grado – malgrado la difesa di Pietro Gori e di Giuseppe Emanuele Modigliani – a un anno di galera e a un anno di sorveglianza speciale. Incarcerato a S. Giorgio di Lucca, viene assolto in appello “per non provata reità” e liberato. Arrestato ancora il 4 maggio 1898 dopo la proclamazione dello stato d’assedio, è rimandato al domicilio coatto (Lampedusa e Favignana), dove è trattenuto fino al 14 dicembre 1899. Schedato il 15 novembre 1900, esce dal “cenno” prefettizio come un militante di lunga data, che tiene un contegno sprezzante con le autorità. Nel 1901 Boschi diffonde a Livorno il giornale anarchico «La tribuna libera», pubblicato a Alessandria d’Egitto, e il 30 gennaio 1905 presiede il comizio “Pro Russia ribelle” all’Ardenza.

Nel settembre 1911 partecipa al Congresso anarchico italiano, che si svolge a Roma, e nel 1913 fonda il Circolo libertario di Ardenza. In seguito prende parte alle iniziative in favore di Augusto Masetti (è membro del Sottocomitato livornese per la liberazione del compagno di fede, che ha sparato su un colonnello) e alle proteste per la “Settimana rossa”. Poi tiene varie conferenze al Circolo di studi sociali dell’Ardenza e nel gennaio 1915 partecipa al Convegno pisano contro la guerra, che si pronuncia con estrema fermezza contro l’intervento italiano. In aprile dà alle stampe l’opuscolo Ai traditori dell’Internazionale e viene denunciato per aver esposto una bandiera con la scritta: “Gruppo anarchico di Ardenza”. Nel 1919 partecipa al Congresso anarchico italiano, che ha luogo a Firenze, e nel 1921 – 1922 collabora assiduamente al periodico anarchico livornese «Il seme», su cui pubblica molti articoli, fra cui: La Pasqua di Malatesta, Di nuovo coll’elezioni, Che roba è?, La conquista dei pubblici poteri, La gran data, Come alle corse, Gli “arrugginiti”, I “nemici della patria”, Il “Seme” muore!, Francesco Crispi sei riabilitato, Gli acchiappanuvoli, ecc.

Dopo l’instaurazione della dittatura, è denunciato alla Commissione provinciale di Livorno per i provvedimenti di polizia e diffidato insieme all’anarchico Virgilio Caparrini, al repubblicano Agenore Ballini e al socialista Fernando Papi. Vigilato negli anni seguenti, viene fermato nel 1933 e sottoposto a perquisizione domiciliare dopo l’arresto dell’anarchico spezzino Vincenzo Capuana, sospettato di essere rimpatriato clandestinamente per attentare alla vita di Mussolini. Nella primavera del 1938 è segnalato perché continua a frequentare Ferruccio Ferrari, Pietro Quilici, Alfredo Canessa, Virgilio Antonelli, Angelo Pitto, Giovanni Bardi e altri oppositori anarchici e comunisti, che fanno discorsi contro il regime in alcuni bar di Livorno.

Radiato nel 1942 dall’elenco degli antifascisti schedati in ragione dell’età avanzata, Boschi resta in quello dei sovversivi generici e continua ad essere sorvegliato. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, fa parte della Federazione anarchica livornese e fonda il Gruppo antireligioso “P. Gori”. Scrive gli opuscoli Ricordi di Lipari e Ricordi del domicilio coatto e partecipa a varie iniziative, fra cui la cerimonia, con la quale la Livorno antifascista ricorda il socialista Giuseppe Emanuele Modigliani, presenti la vedova Vera Modigliani, il figlio di Boschi, Vero, e il giovane militante libertario Cariddi Di Domenico. Collaboratore de «Il seme anarchico» di Torino, rammenta nei suoi articoli Eugenio Pellaco e altri compagni che ha conosciuto. Muore all’Ardenza il primo febbraio 1956.

Fonti: Boschi, Amedeo. Ai traditori della Internazionale, Livorno: Tip. Livornese, 1915; ACS, CPC, ad nomen; «Don Corvo», Livorno, 13 ott. 1946; Boschi, Amedeo. Ricordi di Lipari, Livorno: P. Ortalli, [194?]; Id. Ricordi del domicilio coatto, Torino: Seme anarchico, 1954; Ricordi. Eugenio Pellaco, «Seme anarchico», n.11, nov. 1955; i.g. [Italo Garinei] Amedeo Boschi,  ivi, n.2, feb. 1956.

( Scheda di  Claudio Gregori e Michele Lenzerini per www.radiomaremmarossa.it )