Alcide Cafferata

Nato a Livorno il 10 aprile 1902, Cafferata si iscrive giovanissimo al P.R.I. Passato al P.C.d’I. nel 1924, viene segnalato fra gli antifascisti labronici più attivi nel marzo 1925, insieme a Luigi Lenzi, a Carlo Procaccia (un giovane avvocato bastonato più volte dai “tricolorati”) e ad altri sovversivi.

 Emigrato clandestinamente in Francia nel 1926, è segnalato a Marsiglia, dove frequenta i gruppi anarchici italiani, i cui esponenti più in vista sono Giulio Bacconi, Ugo Boccardi, Sabatino Gambetti, Adarco Giannini e Albino Zazzeri.  Iscritto nella «Rubrica di frontiera» e fermato al rimpatrio, viene diffidato per l’“attività comunista” svolta all’estero. Sorpreso la notte fra il 25 e il 26 marzo 1937, nel suo laboratorio di elettricista, ad “ascoltare – racconta la Questura – la falsa propaganda radio trasmessa dalle stazioni spagnole”, è arrestato, insieme a Francesco Corsi e al comunista “schedato” Marcello Berni. Assegnato al confino per due anni e deportato a Tremiti, viene rilasciato il 24 agosto 1937.

 Nel marzo 1938 la moglie di Cafferata, Cesarina Bernini, si presenta alle autorità livornesi per reclamare fermamente, e con innegabile coraggio, la restituzione della radio sequestrata al marito un anno prima, mentre ascoltava le radio repubblicane spagnole. Membro del Consiglio nazionale e dell’Esecutivo dell’A.N.P.P.I.A. dopo la Liberazione, Alcide scrive nel 1958, su «L’antifascista», un articolo in cui difende i partigiani e critica severamente gli uomini di governo: “…coloro che furono antifascisti per onestà, per fede nella emancipazione del nostro popolo, incuranti di ogni sacrificio personale, devono mordersi le labbra allo spettacolo di tanta involuzione – parliamoci chiaro – di tanto tradimento!… In un decennio abbiamo visto, giorno per giorno, gli uomini del governo distaccarsi sempre più dalle forze popolari del paese, per allearsi ai residui di un sordido passato. Abbiamo visto uomini che avemmo il torto di giudicare sinceri antifascisti dare man forte a questa ingloriosa marcia indietro. Costoro ci dimostrano, oggi, che il loro antifascismo non fu onesto convincimento della necessità  di combattere per la riforma democratica di tutte le strutture politico-sociali del nostro paese ma soltanto un mezzo per rimanere sulla scena politica, per soddisfare ambizioni personali…. Aveste una inconsueta sollecitazione a sottrarre a qualsiasi punizione quanti, parte attiva del fascismo, si macchiarono dei delitti più tremendi, da quelli delle squadracce ai massacri dei campi di sterminio, mentre permettete le più spregevoli speculazioni sulle azioni della guerra partigiana, dalla quale, dopo tutto, non disdegnaste di ricevere la possibilità di una libera attività politica e qualche posto di governo…”.

Nel 1963, a vent’anni dalla destituzione di Mussolini, Cafferata pubblica sul periodico dell’A.N.P.P.I.A., un altro articolo sulla caduta del fascismo e sulla necessità di un’intesa fra i democratici: “Il 25 luglio 1943 per noi antifascisti non fu una sorpresa. Già da tempo eravamo certi che ogni giorno poteva spuntare l’alba del crollo del regime. I sacrifici sopportati ed affrontati con tanta audacia e fermezza, in prevalenza dalle forze politiche popolari italiane, ci davano la certezza matematica che il fascismo sarebbe crollato a più o meno breve scadenza. La carneficina a cui era esposta la popolazione civile dai bombardamenti aerei, le numerose falangi della gioventù italiana dal fascismo gettate ad irrigare con il loro generoso sangue i deserti africani, od a morire sotto il tagliente gelo in terre così lontane, per soddisfare la sfrenata sete di grandezza e di dominio di un tiranno feroce, ci dava la certezza che la nostra azione antifascista era giusta ed avrebbe avuta la sua immancabile vittoria… Oggi, memori di quel giorno, che segnò una data storica fondamentale per tutta l’umanità (dobbiamo ricordarci che a tanto potemmo giungere grazie all’unità antifascista composta da elementi politici che seppero vedere molto più lontano della propria ideologia…) dobbiamo riprometterci di continuare un’azione decisiva per il ritrovamento di quell’intesa democratica che ci fu tanto preziosa…”.

 Alcide muore a Livorno nel 1973, vittima di un incidente stradale.

( Scheda di Fausto Bucci, Simonetta Carolini, Claudio Gregori, Gianfranco Piermaria )