Angiolo Rossi

Nasce a Grosseto il trenta settembre 1915, suo padre si chiama Cesare, la madre Giuseppa Cencini. Angelo fa il fornaio e il bracciante, lo chiamano “Trueba” per la piccola statura, è Aristeo Banchi a farlo avvicinare al partito comunista. Nel ’36 frequenta, insieme a Vittorio Alunno, un negozio di parrucchiere, in via San Martino, 1, dove lavora un loro amico, Rino Capperucci, e partecipa alle riunioni, che gli antifascisti tengono nelle capanne dei Viali Pisani per organizzare le partenze clandestine per la Spagna. Nella primavera del ’37 Rossi lavora a San Lorenzo, nella Tenuta dei Porciatti, insieme a Vittorio Alunno e a Luigi Amadei. I tre – che sono in contatto con Pietro Aureli e Italiano Giagnoni – mettono a punto gli ultimi preparativi per l’espatrio e, verso la fine di agosto, tutti e cinque emigrano clandestinamente in Corsica, partendo dalle Marze su una barca a vela: destinazione finale la Spagna, dove intendono arruolarsi nelle Brigate Internazionali.

L’imbarcazione fa rotta verso la Corsica e approda a Macinaggio, nelle vicinanze di Capo Corso. “Prima cosa – racconterà Rossi – ci preoccupammo di andare a trovare i viveri e li trovammo in un paesino distante alcuni km. Quando sulla spiaggia stavamo mangiando, arrivò una barca con la polizia della dogana e ci arrestarono. All’interrogatorio dicemmo che eravamo fuggiti dall’Italia per motivi politici, perché non ci piaceva il regime fascista. Questi ci fecero una corte spietata per farci arruolare nella legione straniera, [dicendo] che dopo cinque anni saremmo stati dei cittadini francesi, in uno stato democratico e di libertà, con tutti i diritti di un cittadino francese: in più si sarebbe guadagnato bene nella legione straniera. Naturalmente rifiutammo di rimanere in Corsica. Ci mandarono alla polizia di Bastia e ci interrogarono di nuovo, ci rilasciarono un foglio di soggiorno e ci mettemmo alla ricerca di un lavoro per prendere tempo, perché eravamo in collegamento con il P.C.I. all’estero… Trovammo lavoro a tagliare i boschi dalla parte di Ajaccio con un contratto capestro…”

Nei giorni seguenti Rossi e i suoi compagni vengono avvicinati da un comunista corso, che, nel ’20, ha partecipato alla rivolta del Mar Nero. Questi li mette in contatto con altri compagni del posto e, in capo a due settimane, “Trueba” viene convocato dal P.C.d’I a Parigi, dove incontra diversi dirigenti comunisti: “Rimasi circa un mese a Parigi in modo illegale, ma comunque ebbi consigli di come mi dovevo comportare sia all’albergo, dove mi presentai per andare a dormire, sia al ristorante e per tutto il resto. Mi tennero un mese in Francia, forse perché avranno voluto sapere notizie più fresche delle organizzazioni politiche in Italia…”

Poi Rossi viene mandato clandestinamente in Spagna. A piedi, calzando delle “alpargatas”, attraversa i Pirenei con una guida spagnola, insieme ad alcuni volontari australiani, inglesi, francesi, italiani e tedeschi, e giunge a Figueras. “Qui fu fatta un’altra selezione e io con altri andai in un paesino per l’addestramento. Dopo un po’ di tempo vidi arrivare anche gli altri tre [Amadei, Aureli e Alunno], che avevo lasciato in Corsica”. A Giagnoni è stato invece negato l’arruolamento a causa dell’età e delle cattive condizioni della sua vista (è quasi cieco da un occhio). Inquadrato nella 12ª Brigata internazionale Garibaldi, Rossi partecipa alla battaglia di Campillo, in Estremadura, dove cade, il diciassette febbraio del ’38, Vittorio Alunno, combatte poi in Aragona e nel Levante e in settembre viene ferito seriamente sulla Sierra Cabals, insieme ad Alberico della Dora (1). In ottobre riceve l’ordine di lasciare il fronte, con gli altri superstiti delle Brigate internazionali, e viene portato nel campo di smobilitazione di Torellò. Qui rimane fino al gennaio del ’39, poi, due settimane dopo la caduta di Barcellona, entra in Francia. Per lui, come per tanti altri antifascisti, che hanno rischiato la vita nella Meseta e sulle rive dell’Ebro, c’è la trafila dei “campi della miseria e della fame” del Roussillon.

“La gente malata, ferita, la portarono a Ras, lì a Perpignan, tutto il grosso fu portato ad Argelès-sur-Mer. All’inizio era una situazione estremamente difficile e pericolosa per la salute pubblica di tutti. Era solamente spiaggia nuda e mare, senza nemmeno una baracca, senza nulla. Con noi vennero fuori anche diverse centinaia di donne e poi vennero fuori anche decine di migliaia di spagnoli. Noi delle Brigate internazionali ci organizzammo immediatamente: arrivammo di notte a piedi dopo aver fatto alcune decine di chilometri e ci misero uno ad uno dietro i reticolati. Il giorno dopo c’era la cucina, poi portarono camion di tavole e cominciammo a costruire le baracche, immediatamente costituimmo le squadre di vigilanza per l’igiene… Una volta organizzati per lo meno si mangiava, ognuno aveva il suo capo baracca. Eravamo una quarantina di persone per baracca. Avevamo soltanto le coperte, con delle tavole si costruivano dei lettini. Per gli ammalati e i feriti più gravi c’era il campo di Ras, per quelli che si sentivano male nel nostro campo, dopo alcuni giorni, attraverso la nostra organizzazione che prendeva contatto con le autorità francesi, con la polizia per i casi più gravi riuscivano ad ottenere le medicine e anche le visite che in generale nelle brigate internazionali c’erano anche i medici”.

Dopo il Patto Molotov – Ribbentrop insorgono gravi contrasti fra i comunisti sulla natura della seconda guerra mondiale e l’invasione russa della Finlandia ne induce alcuni a lasciare il partito. Al principio del ’40 Rossi viene trasferito a Gurs, poi è incorporato, con altri internati, nelle compagnie di lavoro e trasferito a nord, per fortificare la frontiera franco-belga, quindi, dopo la resa della Francia e una breve permanenza alla Santé, viene tradotto di nuovo nel sud della Francia e rinchiuso nel campo di disciplina (o di “sorveglianza speciale”) del Vernet d’Ariège.
Qui “…mancava il nutrimento, tant’è vero che ci morì un giovane dell’Emilia, molti si ammalarono, ci fu lo scorbuto, alla gente gli cascava[no] i denti, ricordo che presero i provvedimenti attraverso il concentrato di limone in pillole, c’era molta severità, disciplina, insomma erano molto peggiorate le cose sotto tutti i punti di vista…” Al Vernet Rossi è rinchiuso nel quartiere D; insieme a lui ci sono Orlando Storai (2), un comunista, che è emigrato nel ’30 in Francia, passando per la Corsica, e ha combattuto nelle “milizie rosse”, Vincenzo Lanzoni (3), un veterano nella lotta agli “schiavisti”, che ha due espatrii e la guerra civile spagnola nel curricolo ed è chiamato “Santamaria”, lo sticcianese Siro Rosi, il napoletano Clemente Maglietta e tanti altri sovversivi. Rossi è tra gli internati, che chiedono alla Commissione italiana di armistizio con la Francia di tornare in patria, il diciannove settembre del ’41 lascia il Vernet, il nove ottobre viene interrogato a Grosseto.

Non fa nomi ai fascisti, se non quelli di Alunno e Giagnoni, per altro già noti alla Questura. Il ventisette ottobre è assegnato per cinque anni al confino, il ventinove viene schedato dalla Prefettura di Grosseto. E’ destinato a Ventotene, dove si comporta con molta dignità. Sofferente di una grave infiammazione agli occhi, chiede, il sei febbraio 1942, il ricovero in ospedale per usufruire di visite specialistiche, ma tanto il medico della colonia, dott. Silverio D’Atri, che il direttore, il dott. Marcello Guida, esprimono parere contrario. Soltanto ai primi di gennaio del ’43 il suo trasferimento nell’ospedale di Sezze Romano è autorizzato in seguito all’aggravamento dei disturbi alla vista. Il venticinque luglio del ’43 cade Mussolini: Rossi, però, non viene rilasciato subito, sarà liberato solo un mese più tardi, il ventitré agosto. Tornato a Grosseto, entra, in settembre, nel Comitato militare nominato dal C.L.N. provinciale e partecipa alla lotta di liberazione. Dopo la fine della guerra, diventa segretario della Federazione giovanile comunista provinciale e quindi assume vari incarichi nelle amministrazioni pubbliche e nel partito comunista.
Appendice:
Guido Vannozzi. Angiolino Rossi
Informazioni di polizia su Angiolo Rossi e su Vittorio Alunno
Angiolino Rossi in Francia nel 1937
Note
1)Alberico della Dora nacque a Arsié, in provincia di Belluno, il cinque giugno 1907, emigrò in Francia nel 1930, si arruolò nella Brigata Garibaldi, fu ferito sull’Ebro e morì nell’ospedale di Matarò.

2)Orlando Storai (nato a Montepiano, in provincia di Firenze, il dodici settembre 1912) emigrò in Francia nel 1930. Boscaiolo, comunista, venne ferito gravemente in Spagna. Internato nei campi di Argelès, di Gurs e del Vernet, fu confinato a Ventotene. Liberato nell’agosto 1943, prese parte alla guerra di liberazione, ma, catturato dai nazifascisti, venne fucilato per rappresaglia il due dicembre 1943.

3)Vincenzo Lanzoni (nato a Fontanelice, in provincia di Bologna, il 15 ottobre 1896) fu ferito gravemente durante la battaglia dell’Ebro. Internato in Francia e confinato a Ventotene, partecipò alla lotta di liberazione.
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Guido Vannozzi. Angiolino Rossi
“La mattina del 12 agosto 1937, il compagno Rossi (Trueba) chiese un incontro con me, il compagno [Elvino] Boschi e il Bacchi [il comunista Terzilio Bacchi] per comunicazioni importanti. L’incontro ebbe luogo nel fondo della bottega dei generi alimentari, gestita dalla moglie del Boschi, sita in via dei Pisani, ora viale Matteotti. Il Rossi ci comunicò che stava organizzando l’espatrio con altri e che ciò sarebbe avvenuto molto presto. Per conseguenza lasciava a noi le consegne per mantenere i contatti con il centro del P.C.I. a Parigi, spiegandoci il corrispondere già convenzionato e lasciandoci l’indirizzo. Se a lui tutto andava bene, si sarebbe recato al Centro di Parigi e avrebbe segnalato il fatto. Nel messe… un funzionario del Centro, precisamente la compagna…, prese contatto con me”
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Informazioni di polizia su Angiolo Rossi e su Vittorio Alunno
Squadra politica
Grosseto, li 15 / 12 / 1937

Ill.mo Signor Questore Sede

Pregiomi comunicare alla S.V. Ill.ma che dagli accertamenti eseguiti è risultato che Alunno Vittorio detto il Mozzo fu Giuseppe e fu Mari Palmira nato a Grosseto il 27 agosto 1912 abitante in Via Scansano nº 5, allontanatosi dal mese di settembre u.s. da Orbetello con una barca insieme a certo Rossi Angiolo fu Cesare e di Cencini Giuseppa nato a Grosseto il 30 / 9 / 1915, e certo Giagnoni Italiano fu Filippo nato a Massa Marittima il 20 / 11 / 1888, domiciliato a Giuncarico. Il nominato Aureli Pietro Non risulta che sia di questa provincia.
Il Giagnoni politicamente è comunista
Alunno Vittorio ha altri fratelli in Grosseto: Guerrino, Armando, Enzo, [che] convivono con la matrigna [di Vittorio] Duchini Annunziata fu Santi e fu Carletti Agnese, nata a Chianciano il 22 / 5 / 1886 qui domiciliata in Via Scansano n º 5, in questi atti nulla politicamente risulta a loro carico.
Nei confronti di Rossi Angiolo politicamente nulla risulta a suo carico.
Il Rossi è cugino di Leprai Giovanni abitante in via Fossombrone nº 5, anche [su] questo nulla risulta in questi atti nei riguardi politici.

Il V. Brigadiere di P.S.
Bosco
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Angiolino Rossi in Francia nel 1937
“Ministero dell’Interno. Per i Questori di Grosseto e Livorno
23 ottobre 1937
E’ transitato per Marsiglia, verso la metà del settembre scorso, diretto nella Spagna quale volontario nelle milizie rosse, certo Rossi, di anni 20-22, originario di Grosseto. Ill predetto sarebbe espatriato nello scorso agosto clandestinamente insieme ad altri quattro elementi partendo probabilmente da Livorno. Si pregano le SS.LL. di voler disporre urgenti accertamenti per l’identificazione del Rossi e degli altri espatriati, riferendo.
Il capo della polizia Di Stefano”.

“E’ stato segnalato che certo Rossi, originario di Grosseto, di anni 20-21, espatriato clandestinamente nell’agosto scorso – via mare – da Livorno, insieme ad altri elementi, dopo una sosta di circa un mese a Bastia, era transitato per Marsiglia diretto a parigi, per poi arruolarsi nelle milizie rosse di Spagna, come comunista. Le indagini effettuate dalle due Questure non hanno dato alcun risultato e nessun ulteriore elemento è stato possibile avere in via fiduciaria. Vedrà codesta On. Divisione se non sia il caso di interessare in argomento il Consolato di Bastia, ove il Rossi sarebbe, insieme agli altri, sbarcato e si sarebbe trattenuto per circa un mese”.

( Tratto da ” Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola” di Fausto Bucci, Simonetta Carolini, Andrea Tozzi e Rodolfo Bugiani)